“E se i giusti fossero solo dieci?” Omosessualità e dintorni

1. A mò di prefazione

Per cominciare voglio avvisare circa una difficoltà che incontreremo e fare due precisazioni.

La difficoltà: reazioni ai temi importanti

Quando si tratta di temi molto importanti, che toccano l’intimità personale ma scatenano reazioni sociali in un senso e nell’altro, è difficile mantenere serenità ed equilibrio. Da una parte si rischia di essere considerati troppo timidi nel confermare la “verità” o nell’affrontare la “contemporaneità”, a seconda dei punti di vista. Dall’altra si rischia di spingersi oltre i limiti di quanto è umanamente lecito o perché ci si avvicina pericolosamente alla violazione della coscienza personale o perché si esclude colpevolmente il progetto divino sull’uomo.

Nessun dialogo riuscirà mai a sortire effetti positivi se non si prova almeno per un momento a mettersi nei panni e nei pensieri dell’altro. Chiunque esso sia. Una ricerca autentica perciò non può prescindere dall’onestà intellettuale, che rifiuta di attribuire all’altro una malafede (che non sia manifesta) o di ricorrere ad argomenti ragionevoli (l’emotività non è mai una buona consigliera) o di ammettere che ovunque si trovano elementi di verità (il torto non è sempre tutto da una parte).

Prima precisazione: non un’esposizione dottrinale

Non intendo sviluppare qui una sistematica esposizione dottrinale o morale di orientamento cattolico. Non è il mio scopo e di sicuro non è un blog il posto giusto per farlo. Semmai il mio intento è quello di stimolare qualche riflessione e magari anche – perché no – un dibattito aperto, pacifico e senza pregiudizi.

Seconda precisazione: omosessualità e peccato

Pur potendo parlare di tutto, necessariamente circoscrivo l’argomento. Il punto di partenza è la posizione cattolica circa gli atti omosessuali; e in ogni caso la cornice culturale nella quale mi muovo è quella cristiana. La Chiesa cattolica considera gli atti omosessuali come peccato. Tale posizione difficilmente potrebbe essere messa in dubbio, in quanto allo stato attuale rappresenta una posizione costante, sostenuta da Scrittura, Tradizione e Magistero.

Tuttavia desidero fare una precisazione, secondo me non di poco conto. I più grandi di età ricorderanno che nel Catechismo di San Pio X hanno appreso dell’esistenza di ben quattro peccati i quali “gridano vendetta al cospetto di Dio“. Il Catechismo di San Pio X ha nutrito per decenni la catechesi cattolica con una sintesi facilmente memorizzabile dei principali contenuti di fede e di morale.

Per quanto documento autorevole, risente inevitabilmente del logorio dell’età. L’espressione sopra citata ne è la prova. Se l’espressione ha avuto una grande “fortuna” nella catechesi del passato, oggi con grande difficoltà avrebbe presa in una comunità maggiormente consapevole che – dopo la rivelazione di Cristo – non sarà mai più possibile parlare di “vendetta” in riferimento a Dio.

Dio non ha nulla di cui vendicarsi

L’immagine di un Dio vendicativo o comunque tanto infastidito dal male da pensare di sterminare l’umanità che lo commette non appartiene al linguaggio di Gesù, per il quale Dio ha un solo modo di presentarsi: come Padre. La fortuna di quella espressione – “gridano vendetta al cospetto di Dio” – si salda con l’immagine che evoca, terribile ed esigente allo stesso tempo. Ma anche con il contenuto dei peccati cui si riferisce: “1) omicidio volontario; 2) peccato impuro contro natura; 3) oppressione dei poveri; 4) defraudare la mercede agli operai“.

Non è necessario un approfondimento particolare del tema. Tuttavia non posso fare a meno di osservare che nella polemica recente l’insistenza relativa ai peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” ha privilegiato solo il secondo della lista. Meno, molto meno, si avverte l’indignazione per l’omicidio volontario (l’unico che il più recente Catechismo della Chiesa Cattolica dice trattarsi di un “peccato che grida vendetta al cielo”, CCC 2268), in qualche caso addirittura legalizzato ed elogiato nella pena di morte, nell’aborto e nell’eutanasia; e anzi qualcuno che si scandalizza del “peccato impuro contro natura” è lo stesso che poco si preoccupa dei poveri e disprezza migranti e rifugiati o che ha assunto dipendenti (fosse pure la colf) senza regolare contratto o non paga regolarmente tutte le tasse.

Vorrei concludere questa mia lunga precisazione: non esistono peccati “migliori” di altri, né peccatori di serie A e peccatori di serie B. Se affrontiamo la questione ponendoci da una prospettiva di “giudizio” siamo perdenti in partenza (in proposito vale sempre la parabola del pubblicano e del fariseo che pregano al tempio, nella quale Gesù insegna che solamente l’umile torna a casa giustificato, Lc 18,9-14). E questo riguarda sia chi, omosessuale, sentendosi vessato da secoli di ingiustizie e reclamando finalmente i suoi diritti insorge contro i moderni bacchettoni che non la pensano come lui; sia chi, sincero credente, ritenendosi investito di una misteriosa missione dal sapore di crociata si sente in obbligo di purificare il mondo ad ogni costo.

Riassunto
Ogni argomento delicato, come lo è anche quello dell’omosessualità, va affrontato con onestà intellettuale. Qui si intende avviare un dialogo e non presentare in modo sistematico l’insegnamento della Chiesa. Necessariamente però si deve precisare che la Chiesa considera peccato gli atti omosessuali, non meno comunque di altri peccati in apparenza avvertiti con minore disagio. Tuttavia, onde evitare ogni forma di pre-giudizio, è bene ricordare che non esistono peccati peggiori o migliori di altri.