Omosessualità e pedofilia: tra negazionismi e ricerca della verità

A giugno di quest’anno è scoppiata una polemica a seguito di alcune opinioni espresse da Danilo Leonardi (@laudan62), produttore esecutivo di vari programmi di RAI 3, circa il suo gradimento sui “gay pride”.

Come accade in questi casi il mondo del web si è orientato con decisione e le parole sono trascese. Ovviamente non è impossibile passare dalle opinioni schierate agli insulti aperti. In ogni caso da una parte e dall’altra la “bomba emotiva” rappresentata dal nervo scoperto di una cultura sempre più permeabile e disposta a far passare – pendolarmente – qualsiasi soggetto da vittima a carnefice fa nascere il timore che un approccio scientifico, razionale, intellettualmente onesto possa venir piegato agli interessi del polically correct o peggio ancora del timore di ritorsioni e ostracismi.

Ne è testimonianza l’articolo di Azzurra Sichera (@AzzurraSichera) apparso su Sì24.it (@Si24it) dal titolo ““Che schifo Palermo invasa dall’onda del Pride”. Il web, e non solo, contro un dipendente della Rai“. L’autrice ricostruisce giornalisticamente il caso a partire dai tweet di Leonardi con qualche rapida citazione, che forse meritava di essere inserita nel più ampio contesto della dialettica polemica del momento.

La conclusione cui giunge Sichera si basa sulla raccolta delle impressioni dei social, nei quali si cristallizzerebbe un senso di offesa del mondo gay al quale si associa quello di molte altre categorie di persone. Tutti meritevoli delle scuse del Leonardi, a detta di Sichera.

Non entro nello specifico della polemica, né della metodologia, forzatamente limitata e limitante, dell’approccio massmediologico di Sichera. Leggo invece i commenti dell’articolo e mi colpisce quello di Alessandro Benigni; lo riproduco tal quale, errori di battuta compresi.

Quanto alla questione omosessualità / pedofilia, inviterei alla calma e a maggior consapevolezza della difficoltà del tema trattato. Uno dei più autorevoli istituti accademici di criminologia del mondo, il John Jay College della City University of New York, il maggiore studio sul tema mai realizzato su scala internazionale, ha dato cifre impressionanti, che fanno riflettere e pongono domande serie.

Prendendo in considerazione lo scandalo dei casi di pedofilia tra i sacerdoti americani, infatti, si è visto che oltre l’80% era omosessuale.

Se da una parte questo dato oggettivo non significa certamente che tutti gli omossuali sono pedofili, dall’altra mostra che in sottoinsiemi sociali come quello oggetto di studio hanno relazioni con la pedofilia che non possono certo non stupire e provocare un maggiore sforzo di comprensione del problema, almeno in termini relativi e non di cifre assolute (si ricorda che secondo alcune stime gli omosessuali sono circa il 2,5 % della popolazione)

Citiamo un breve estratto: “Qui gli autori del rapporto si sono trovati in qualche difficoltà, perché contro il loro studio del 2004 (del JJ College, ndr) – il quale documentava che l’ottanta per cento dei sacerdoti che abusano di minori hanno come vittime ragazzi e non ragazze – avevano protestato a gran voce le organizzazioni omosessuali. Questa volta confermano il dato – secondo cui l’80,3% degli abusi sono di natura omosessuale (p. 104) – ma invitano a distinguere fra identità e comportamento.«Quello che non si capisce bene – scrivono – è che è possibile per una persona partecipare in un atto con una persona dello stesso sesso senza assumere o riconoscersi un’identità omosessuale. Più di tre quarti degli atti di abuso sessuale di giovani da parte di preti cattolici, come abbiamo mostrato nello studio del 2004, sono atti tra persone dello stesso sesso (preti che abusano di vittime di sesso maschile). Ma è possibile che, benché le vittime di questi preti siano state nella maggior parte dei casi maschi, così definendo gliatti come omosessuali, il sacerdote non abbia mai riconosciuto la sua identità come omosessuale» (p. 36)”.

http://www.cesnur.org/2011/mi_ped.html

È inoltre un altro dato di fatto – oggettivo – che solo nella cosiddetta “cultura” gay compaiono personaggi di spicco che si propongono esplicitamente come TEORICI DELLA PEDOFILIA. Da Mario Mieli (cui ORGOGLIOSAMENTE sono ancora oggi dedicati circoli gay) ad Aldo Busi, giusto per citarne alcune.

Naturalmente non è mancata la reazione piccata da parte di un altro utente, Francesco Lupo, appena mezz’ora più tardi! Senza, peraltro, non dico toccare ma nemmeno sfiorare l’approccio pacato e comunque il tentativo scientifico del commento in questione.

Purtroppo quel legame tra omosessualità e pedofilia è una verità amara. Amara per la Chiesa, che ha dovuto prendere coscienza di un fenomeno tanto odioso e riprovevole proprio tra i suoi ministri, pur non avendolo sempre saputo gestire in modo determinato, giusto, rispettoso delle vittime; e tuttavia da alcuni anni a questa parte si è mossa con decisione per far emergere la verità e reprimere ogni comportamento contrario alla morale e alla legge di Dio.

Ma è una verità amara anche per il mondo omosessuale, che, per via di quel pendolarismo vittima-carnefice cui accennavo sopra, rischia oggi di riprodurre i comportamenti negazionisti, ostruzionisti, difensivi che hanno reso la Chiesa tanto invisa ai loro occhi e a quelli del mondo intero e comunque biasimevole. Non sarà nascondendo o mistificando verità che si riuscirà a “vincere le battaglie” e ad ottenere “riconoscimento dei diritti“.

Al contrario, un approccio sereno e obbiettivo delle questioni aiuterà senz’altro a dialogare tra posizioni diverse, nella consapevolezza che quand’anche non si fosse accettati da qualcuno (e sarebbe un illuso chi pensasse di poter costringere per legge o per lavaggio del cervello a farsi piacere all’intero genere umano), non sarà possibile però da parte di nessuno muovere un rimprovero fondato a causa di mancata chiarezza o di indebite protezioni.