Paternalismo clericale

Analisi del concetto di paternità in alcuni documenti ufficiali

Nei documenti presi in considerazione non vengono proposte né una definizione né linee applicative di paternità sacerdotale con le quali operare confronti rispetto allo sviluppo del concetto di paternità in ambito ecclesiale e clericale.

In assenza di una riflessione sistematica sulla paternità sacerdotale a livello teologico, pastorale, psicologico, inevitabilmente i documenti ricorrono all’espediente dell’analogia con la paternità di Dio o con la tradizione ecclesiale.

Perciò in Pastores dabo vobis (PVB, 1992) troviamo un presbitero che, inviato dal Padre possiede un sacerdozio che scaturisce dall’amore del Padre (n. 12, cfr n. 18) e all’amore del Padre ritorna: “I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore… fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell’unità e conducono al Padre” (n. 15, cfr nn. 26, 74). Se in particolare il Vescovo è padre (e amico) del suo presbiterio (n. 41),  questo avverrà per la sua sollecitudine a “generare” altri sacerdoti promuovendo le iniziative vocazionali. Lo stesso presbitero si muove incontro ai fratelli con l’amore del Padre: “L’incontro con Dio, e con il suo amore di Padre di tutti, pone l’esigenza indeclinabile dell’incontro con il prossimo, del dono di sé agli altri, nel servizio umile e disinteressato” (n. 49). A livello teologico il prete di PVB è un fratello tra fratelli (come più volte ricordato da Giovanni Paolo II), che ripropone sacramentalmente la presenza di Gesù al servizio dei fratelli e che è spinto dall’amore del Padre a condurre tutti al Padre.

Il documento Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti (ICLS, 1997) sembra preoccupato di evitare sconfinamenti dei laici nell’ambito clericale, aiutando però non poco a definire la visione dei presbiteri stessi sotto il profilo più strettamente pastorale. Se “la differenza essenziale tra il sacerdozio comune ed il sacerdozio ministeriale non si trova, dunque, nel sacerdozio di Cristo” (n. 1), allora “l’esercizio da parte del ministro ordinato del munus docendi, sanctificandi et regendi costituisce la sostanza del ministero pastorale” (n. 2) e non può essere attribuita allo stesso titolo ai laici (n. 4). Qualsiasi servizio può essere svolto dai laici e dai chierici, ma i compiti e gli uffici ricoperti da questi ultimi richiedono l’ordinazione sacramentale. I laici collaborano e aiutano se e quando chiamati per necessità e utilità al ministero (servizio) della Parola o della cura pastorale (ove manchino curati e parroci). Per i laici che guidano comunità con speciale mandato dei vescovi alcune pratiche sono proibite (come inserire parti delle preghiere eucaristiche nella preghiera pubblica), perché potrebbero ingenerare errori nella mente dei fedeli (art. 7). Allo stesso modo “si deve cercare di evitare accuratamente perfino l’apparenza di confusione che può sorgere da comportamenti liturgicamente anomali” (art. 6). In conclusione, il prete di ICLS è un ministro del culto che svolge una serie di uffici che non vanno confusi con quelli dei laici, i quali al massimo possono collaborare con tale servizio; la sua paternità spirituale si esercita nell’evitare che i fedeli giungano a conclusioni erronee.

Riguardo al Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri (DMVP 2013) si deve primariamente osservare che, a distanza di 9 anni dall’altro, presenta una maggiore insistenza nell’uso del termine padre e sviluppa una riflessione specifica sulla paternità spirituale. In particolare quest’ultima sembra affermarsi indipendentemente dalla disciplina celibataria e ricollegarsi direttamente al ministero sacerdotale che è anche ministero di paternità (n. 24). Oltre ad essere pastorale e universale, la vocazione al ministero sacerdotale viene presentata come per sua natura missionaria. Con ciò sembrano gettate le basi di un “servizio” reso al popolo di Dio con attenzione, premura, amore. DMVP 2013 presenta il presbitero come “fonte di vita nuova… strumento della nuova creazione” in quanto partecipe della vita trinitaria (Presentazione) con una particolare responsabilità (n. 4). Attraverso la dedizione alle anime avviene l’atto generativo della vita in Cristo, che – al pari di quello naturale – non si esaurisce con la nascita, ma si estende ad abbracciare tutta la vita. Richiamandosi alla paternità di Abramo, il Direttorio rileva il valore consolatorio della paternità del sacerdote feconda come quella del patriarca; riferendosi a S. Paolo Gal 4,19 assume la pastoralità di una generazione continua alla fede; citando il Curato d’Ars, il Direttorio riafferma con enfasi che dopo Dio, il sacerdote è tutto! (n. 24). Il modello di paternità del prete secondo il DMVP 2013 richiede un’immedesimazione psicologica tanto profonda nell’ideale di padre visto come figura fortemente radicata in Dio, al punto che la retorica delle immagini pare spingersi fino ad una confusione tra le immagini stesse e la realtà.