Intrinsecamente fragile. Ovvero dell’elezione di un Papa
La Sede petrina è vacante. Il 7 maggio 2025 si prevede l’inizio del Conclave per eleggere il nuovo Vescovo di Roma, aka Papa.
Nel podcast di @Avvenire_Nei (9′ semplici e godibili qui) si sente dalla viva voce del Cardinal Ratzinger (1997) la spiegazione dell’intervento dello Spirito Santo nella scelta del Vescovo di Roma durante il Conclave.
Il senso delle parole di Ratzinger in sintesi: lo Spirito Santo è presente, ma non prende direttamente il controllo della questione. Da buon educatore ci lascia molta libertà, senza abbandonarci.
Scrive bene @albertomelloni: il Conclave non è una seduta spiritica. È un’istituzione che deve adempiere ad un grave dovere: eleggere il nuovo Vescovo di Roma.
A questa figura si attribuisce la successione di Pietro, con tutti i relativi compiti.
Non da oggi cerco di far comprendere che i Padri Cardinali non sono stati sempre all’altezza del loro dovere (qui).
Ma allora in che modo coniugare l’intrinseca fragilità umana con la superiore esigenza di santità della Chiesa, se è vero – come diceva il compianto padre Chappin, storico della Chiesa – che “la storia della Chiesa la scrivono i santi” (qui)?
In altre parole: possibile che lo Spirito Santo si arrenda ai capricci umani?
Quelle tre nozioni di base
La risposta è chiaramente negativa. Dobbiamo tener presenti tre nozioni di base, senza le quali qualsiasi cosa della religione cattolica risulta incomprensibile:
- con l’incarnazione di Gesù Dio ha definitivamente rivelato di non voler restare fuori, emarginato dalla Storia ma di esserne – a modo suo – coprotagonista con l’uomo;
- con la redenzione operata dal Cristo Dio ha dimostrato di non essersi arreso alla perdita dell’amicizia con l’uomo e anzi lo ha voluto collaboratore della salvezza;
- con l’effusione dello Spirito Santo Dio ha deciso di rendere disponibile all’uomo il nocciolo della sua divinità costituito intorno all’amore, cioè la capacità di fare il bene, di farlo bene, di farlo sempre e di farlo sempre meglio.
Nel Conclave non entrano superuomini. Anzi, poichè si parla di soggetti pubblici, i Cardinali insieme ai loro pregi espongono i loro difetti così che tutti sono in grado di comprenderne l’intrinseca fragilità.
Questa intrinseca fragilità dell’essere umano in generale e dei Signori Cardinali in particolare non fa questioni a Dio. Egli ha scelto liberamente di essere coprotagonista della Storia insieme all’uomo intrinsecamente fragile; ha scelto di essere amico dell’uomo intrinsecamente fragile volendolo collaboratore del suo progetto di salvezza; ha scelto di donare all’uomo intrinsecamente fragile la sua stessa capacità di bene.
Ora che abbiamo gli elementi giusti per capire meglio, proviamo a fare qualche scenario.
Scenario A. In Conclave prevale la persona che ha brigato di più, lei o chi per essa, per diventare Papa
Un Cardinale arrivista, secolarizzato, poco attento ai valori spirituali, manipolativo conquista il consenso degli altri Cardinali e riesce a farsi eleggere.
Anzitutto mi chiederei come abbia fatto a diventare Cardinale tale persona e come sia stato possibile che nessuno si fosse reso conto delle sue caratteristiche. Non parliamo infatti di un contesto politico ma di fede. Per quanto uomini intrinsecamente fragili è poco plausibile che tutti i Cardinali rinuncino almeno al buonsenso. A meno che, come è accaduto in passato, la media del Collegio Cardinalizio non fosse al livello del prescelto Papa.
Però ci viene in aiuto esattamente la storia della Chiesa, quella fatta dai santi.
Santa Caterina da Siena riuscì a convincere Papa Gregorio XI a tornare a Roma da Avignone.

Ritratto di Girolamo Savonarola di Fra Bartolomeo, 1498 (olio su tavola, Museo nazionale di San Marco, Firenze)
Meno fortunato fu il domenicano Girolamo Savonarola contro Papa Alessandro VI, ma la sua testimonianza ancora oggi risuona nella Chiesa tanto che la diocesi di Firenze ha chiesto di iniziarne il processo di canonizzazione. Nel 1997. Domanda rimasta ancora senza risposta da Roma… I tempi lunghi della Chiesa…
Insomma, se e quando i Signori Cardinali e i Signori Papi sono rimasti sordi e hanno rinunciato a fare il bene non così altre figure che nella Chiesa hanno continuato l’opera del Signore Gesù. Permettendo di superare tali e tante criticità che altrove avrebbero condotto al fallimento (non solo morale) di qualsiasi istituzione.
Scenario B. I Signori Cardinali si accordano per scegliere un Papa di compromesso
Non riuscendo a raggiungere la maggioranza su un nome di prestigio, il Conclave elegge la persona che sembra più innocua per tutti.
Fu così per Leone XII. Pensato come candidato di compromesso dalla salute malferma, pontificò per soli 5 anni. Ma celebrò l’unico Giubileo dell’800, riportò un po’ di pace nella Chiesa di un’epoca tormentata, impose alla diocesi di Roma una vera ansia riformista (tanto che all’epoca il popolo mormorava “ordini, contrordini e disordini”) e riprese la consuetudine di servire personalmente i poveri a tavola (qui).
Fu così pure per Giovanni XXIII. Ci si aspettava una transizione tranquilla dopo il papato di Pio XII. Il bonario pastore in soli 4 anni di pontificato ha convocato un Concilio, celebrato un Sinodo, ripreso a visitare carceri e ospedali, scongiurato il conflitto sovietico-statunitense con la crisi di Cuba e impresso nella Chiesa un modello diverso di relazioni.
Questi esempi a riprova del fatto che se pure i Signori Cardinali si accontentassero del candidato a loro avviso di seconda fila, Dio guarda il cuore e non l’aspetto, chiunque è sinceramente disposto a fare il bene troverà sempre in Dio un alleato fedele.
Scenario C. I Signori Cardinali eleggono Papa il candidato migliore e più santo di tutti
Con rara maestria, i Signori Cardinali in Conclave scelgono il Papa riconoscendo in uno di loro le capacità giuste per i gravi compiti che lo attendono e con impressi i segni della santità.
Capitò a Urbano VII. Uomo di curia, quindi preparato, ma non invischiato nelle questioni delle famiglie nobili romane; brava persona che voleva continuare lo spirito tridentino. Morì di malaria dopo appena 12 giorni dalla elezione. Il pontificato più breve della storia in assoluto.
Capitò a Giovanni Paolo I. I Signori Cardinali volevano un Papa distante dalla curia, mite, di indole pastorale, legato al rinnovamento del Vaticano II. Morì di infarto dopo appena 33 giorni dalla elezione. Il decimo pontificato più breve della storia.
Entrambi non ebbero tempo di fare nulla di realmente incisivo, se non portare nella vita della Chiesa il loro speciale destino di successore di Pietro, lasciando all’immaginazione quello che sarebbero stati se non fossero morti tanto presto.
Ovviamente non tutti i migliori e santi sono destinati a pontificati brevi. Resta comunque curioso il fatto che per quanto i Signori Cardinali si impegnino a trovare il Papa più adatto in certi casi il loro giudizio debba essere ripetuto entro breve tempo.
Il compito essenziale del Papa
E veniamo all’ultima parte del mio post. Tra nozioni di base per comprendere la Chiesa e scenari di Conclave dei Signori Cardinali, abbiamo tracciato i contorni della Chiesa. Una istituzione – la Chiesa – rivelatasi intrinsecamente fragile come l’umanità che la compone e al tempo stesso incredibilmente forte e longeva grazie alla vita divina che le scorre dentro.
In particolare possiamo concludere che – qualsiasi scelta facciano i Signori Cardinali, più o meno attenti al bene della Chiesa, più o meno sensibili alla realtà spirituale – Dio stesso, muovendosi sulle strade della Storia, la benefica con la sua divina Provvidenza. La quale non permette alla Chiesa di perdersi.
In tutto ciò non si deve perdere di vista il compito essenziale attribuito al Papa. Dovrei inserire a questo punto un breve riepilogo storico-teologico del primato petrino, ma l’ho scritto sostanzialnente qui, ragione per cui vi rimando chi desiderasse approfondire.
Nell’ottica cattolica il compito essenziale di Pietro e dei suoi successori, i Vescovi di Roma aka Papi, è di conservare l’unità della Chiesa confermandone la fede. Come sia stato variamente interpretato questo compito dai diversi pontefici è scritto nei libri di storia. A volte e non solo agli occhi contemporanei sembra sfuggire il nesso tra le varie interpretazioni del primato petrino concretamente realizzate in due millenni e le esigenze evangeliche.
Senza timore di apparire giustificazionista voglio ricordare che la storicizzazione del vangelo inevitabilmente incontra limiti sia nella sua piena comprensione (e non è per nulla scontato che quella letterale sia la migliore) sia nella sua contestualizzazione. In altri termini ciò che nel XII secolo realizzava l’unità della Chiesa nella conferma della fede non è e non può essere lo stesso di ciò che nel XXI secolo deve fare un Papa per assolvere al suo compito.
Sarebbe peraltro un grave errore se volessimo giudicare il XII secolo con i criteri del XXI secolo. Ma sarebbe parimenti un grave errore se pretendessimo di realizzare l’unità della Chiesa nella conferma della fede con i criteri del XII secolo nel XXI secolo.
Anzi, più vediamo il primato di Pietro esercitato con paludamenti medievali più dobbiamo chiederci se ciò è idoneo a confermare i fratelli nella fede e a mantenere l’unità della Chiesa nel III millennio cristiano.
La Chiesa ha senz’altro la forza interiore, grazie alla vita divina che fluisce dentro di sé, per rinnovare il compito essenziale del Papa in modo che possa esercitare il primato di Pietro anche nella storia contemporanea. Le linee su cui muoversi sono tracciate a partire dalla visione di Chiesa che viene offerta dal Vaticano II: una elezione pontificia che tenga conto della voce di altre confessioni cristiane, in cui il clero romano possa esprimersi non solo formalmente; un papato esercitato sinodalmente, con lo sguardo ecumenico rivolto all’intera famiglia di Dio; una santa sede al servizio della comunione, non dell’uniformità, accogliente, valorizzante e armonizzante le diversità.
Argomenti che vanno senz’altro oltre rispetto alla nuvola di fumo che dal 1492 esce dal comignolo di una cappellina romana.