Decidersi per quale Chiesa essere, decidersi per chi ascoltare

Dopo due anni di pandemia, sono ripresi gli incontri in presenza tra cappellani sanitari.

Il vescovo Ricciardi ha invitato ad un giro di tavolo una quindicina di cappellani del Settore Nord di Roma riuniti presso il Policlinico Umberto I.

Nella lettera di convocazione (scarica pdf) vi era una sorta di ordine del giorno: “per prepararci insieme all’incontro con Sua Eminenza Cardinale Vicario Angelo De Donatis, per confrontarci insieme sul discorso che Papa Francesco ha fatto alla Diocesi di Roma, il 18 settembre scorso, e per avviarci anche noi in un cammino sempre più sinodale, in cui la priorità è ora ascoltarci e ascoltare”.

Nella presentazione dell’incontro, il vescovo ha precisato che primo obiettivo sarebbe stato ascoltarci tra noi, e quindi nel giro di tavolo dire “come state“.

Ho voluto anzitutto rispondere alla curiosità del vescovo e probabilmente dei colleghi presenti: sto bene. Di salute sto bene, grazie. Nemmeno i due anni di pandemia mi hanno provato. A differenza di molti miei colleghi non ho sofferto limitazioni. Vivo in Struttura, scendo dal mio alloggio e sono nei reparti, dico la messa nei corridoi perché la cappellina è troppo piccola per tutti. A parte la mascherina (che provateci voi a convincere una persona con disturbi psichici a indossarla quando sta al chiuso… capite i #nomask, adesso?) e poche altre limitazioni in Struttura non si sono sentite troppe differenze con il “prima”, per me.

Mentre sono molto colpito dalla tenacia di Papa Francesco. Spero sempre che la Chiesa esca al più presto da questo clima di esercizi spirituali permanenti. Non si può rimanere per sempre senza altri stimoli.

Il vero stimolo di questo tempo, secondo me, è stato non tanto la chiamata del Sinodo da parte di Papa Francesco, quanto i contenuti sia del discorso del 18 settembre (link) che nell’omelia di domenica 10 ottobre (link). Al proposito è curioso osservare la tautologia: la messa era celebrata per l’apertura del Sinodo sulla sinodalità.

Papa Francesco di fatto propone una ecclesiologia che distingue tra una Chiesa al tramonto e una Chiesa che sta nascendo. Al di là di ciò che il Sinodo non è (nelle parole del Papa non è un parlamento, non è una democrazia, non è una maggioranza e non è tante altre cose) si presenta la necessità che coloro che sono stati formati in un modello di Chiesa al tramonto siano quelli che facciano nascere un modello di Chiesa nuovo. È azione che richiede grandi cambiamenti. A partire dai vertici della Chiesa di Roma, come sa bene il vescovo Ricciardi… E qui si apre lo spazio di azione dello Spirito Santo, lo spazio della speranza.

Questo nuovo modello di Chiesa interpella i cappellani sanitari. Va bene partire dall’ascolto. Ne avrei parlato volentieri con il vescovo Ricciardi che aveva detto che mi avrebbe ascoltato (dopo aver letto la mia lettera aperta sulla pastorale della salute). A giugno. Ma non sono stato convocato.

Interpella i cappellani sanitari perché  ci rendiamo conto che la sanità è cambiata. Lasciamo da parte la mia Struttura, che è particolare, un ricovero medio dura 30 giorni e molti ospiti ci vivono permanentemente. Pensiamo ad un Ospedale, dove un ricovero medio dura 4-5 giorni, tranne alcuni casi particolari. C’è realisticamente il tempo di ascoltare? Oppure tra i malati stiamo scegliendo di ascoltare comodamente chi ci pare?

Ritengo sia giunto il momento opportuno che anche i cappellani sanitari alzino il loro sederino dalle sedie. La sanità si sta pensando sempre più radicata sul territorio, la pastorale della salute non può restare legata ad un ascolto di nicchia, che rischia di diventare un ascolto tra di noi. Il modello di Chiesa che propone Francesco è un modello di Chiesa in uscita. Anche i cappellani sanitari dovrebbero rispondere a questo modello, con una diversa concezione della loro presenza sul territorio.

Tenendo presente che partiamo svantaggiati perché siamo in controtempo. A differenza del passato, in cui la Chiesa trainava la cultura, adesso secondo Papa Francesco non ha più questa forza. Così la Chiesa sta operando scelte che la mettono un passo indietro al tempo corrente. Non si recupera il tempo perduto senza rendersi conto che non sarà vincente la posizione e la scelta più votata, ma quella più profetica. Papa Francesco, molto lucidamente il 18 settembre, dice:

non deve prevalere l’idea di distinguere maggioranze e minoranze: questo lo fa un parlamento. Quante volte gli “scarti” sono diventati “pietra angolare”, i «lontani» sono diventati «vicini». Gli emarginati, i poveri, i senza speranza sono stati eletti a sacramento di Cristo.

[qui vorrei sottolineare come nel mio Rapporto sul clero diocesano di Roma 2020 ho sostenuto la tesi che vi siano realtà ineludibili piuttosto sottovalutate nel processo di revisione del modello ecclesiale e che la scelta della Chiesa di Roma sia viziata dal fatto che essa sia storicamente abituata a vincere, e “non so di nessun vincitore che sia riuscito a sedersi dal lato dei perdenti” (pp. 135-150)]

Ho concluso auspicando che il vescovo voglia, tra le altre cose, sollecitare i cappellani sanitari a prendere qualche decisione in merito.