C’è chi dice no

A Bologna c’è chi dice no al finanziamento delle scuole paritarie. Il referendum consultivo di domenica 26 maggio ha visto il 59% dei votanti schierati dalla parte dei promotori, che vogliono riportare il milione di euro disperso tra vari asili privati dentro il recinto della scuola pubblica.

Tutte rose e fiori? A parte la scarsa affluenza ai seggi (meno di 1 bolognese su 3 è andato a votare), leggo da IlSole24Ore:

A Bologna le scuole materne statali sono il 17%, quelle comunali il 60% e quelle private il 23% (27 in tutto). Quest’ultime accolgono oltre 1.700 bambini (il 21% di quelli accolti nell’intero sistema comunale) e vi lavorano 200 persone, di cui 130 docenti. A queste strutture il Comune destina un milione di euro, il 2,8% delle risorse complessive accantonate per la fascia 3/6 anni, pari a circa 600 euro a bambino all’anno, ovvero il 9% del costo sostenuto dal pubblico per ogni bambino inserito nella scuola comunale.
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Ho capito bene? Il 23% delle scuole (quelle private) accoglie il 21% dei bambini e ciascuno di loro costa alle casse comunali 600 euro all’anno, mentre ciascun bambino del restante 79% accolto nel 77% delle strutture pubbliche costa alle casse comunali più di 6.000 euro all’anno.

Cioè, se nelle scuole paritarie si riesce a fare lo stesso con nemmeno un decimo delle risorse delle scuole pubbliche sono queste ultime a doversi chiudere per conclamata inefficienza! Invece di andare umilmente ad imparare come si fa bene risparmiando denaro, i sapienti paladini della Costituzione guidati da Stefano Rodotà chiedono di poter spendere di più offrendo di meno.

E comunque presto o tardi la magistratura si dovrebbe occupare del modo in cui viene sperperato il denaro buttato da una macchina farraginosa e burocratica come la scuola pubblica.