Il controllo delle emozioni. Ma non vuol dire quello che pensate

massmedia-controllo-socialeNel definire l’emozionismo avevo parlato, al punto 8, della sua potenzialità egemone: controlla le emozioni (degli altri) e dominerai il mondo. A livello di mercato come a livello di politica, e perché no, di religione.

Martedì 8 luglio è comparso su La Repubblica un interessante articolo di Fabio Chiusi (@fabiochiusi) che aiuta, secondo me, a capire un mondo a molti perfettamente sconosciuto. Il titolo, eloquente, “Il mercato delle emozioni” non lascia dubbi in proposito: la “manipolazione” dei sentimenti di utenti e potenziali clienti fa crescere il fatturato.

Chiusi argomenta che il grande pubblico ha scarsa dimestichezza con i meccanismi quotidianamente usati dal marketing. Così nel mercato delle “emozioni digitali” si sarebbero sviluppati metodi propri basati sulle interazioni in tempo reale, su “dizionari ontologici” (sic) per la definizione di parole positive o negative e su catalogazione manuale di post, tutto finalizzato ad aumentare numero di click e quindi flussi di denaro. Ma lo stesso Chiusi alla fine ammette “che non tutte le applicazioni sono così innocue” e si spinge a fantasticare (ma mica poi tanto fantasia) sull’intreccio tra web, emozioni e politica. Concludendo che siccome sono ancora pochi quelli che studiano le emozioni sulla rete, “per il futuro meglio attrezzarsi”.

Vincenzo Cosenza (@vincos) nel suo articolo “Lo studio delle emozioni in rete: mia opinione su La Repubblica” auspica di “non manipolare i sentimenti delle persone, ma rendere la loro esperienza gradevole al punto da invogliarli ad usare il servizio più frequentemente” e invita a non creare allarmismi ma al tempo stesso si spinge a “chiedere maggior trasparenza“. Dal punto di vista di chi si occupa per mestiere di marketing e cerca di raggiungere obiettivi strategici facendo sposare emozioni e prodotti potrebbe apparire una presa di posizione sufficiente ed equilibrata.

Tuttavia il mondo non è abitato solo da persone perbene, la sete di denaro (i dividendi degli azionisti, le poltrone dei manager, gli obiettivi dei politici, eccetera eccetera) non è affatto una remota possibilità, le curiosità scientifiche (o parascientifiche) non sono più appannaggio di una elite di distaccati onesti scienziati e la storia ci insegna a diffidare di tutto quello che in un modo o in un altro può essere piegato e strumentalizzato per ottenere il consenso delle masse.

Il tema, dunque, presenta (più urgenti che mai) aspetti antropologici, filosofici ed etici il cui approfondimento non può essere rimandato né tantomeno dissociato dall’esercizio di qualsiasi disciplina abbia come oggetto il sacrario della coscienza della persona umana.

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Grazie a @franciungaro per la segnalazione