Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto

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Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto

Omelia per la Celebrazione della Liturgia Penitenziale
Giovanni (19,25-37)

In un certo senso con questo vangelo facciamo sintesi di quanto detto fin qui. Gesù sceglie alcuni discepoli perché siano con lui sempre, anche sotto la croce, anche nel momento catastrofico dell’annullamento e del dolore. Sceglie qualcuno che sia disponibile a con-solarlo. Sulla croce Gesù compie definitivamente l’opera della redenzione, anzi, compie tutto: tutto è compiuto. “tetèlestai”: ogni cosa ha raggiunto il suo fine, ogni realtà umana e storica è stata abbracciata, non c’è più nulla da rivelare, nulla da aggiungere.

Giovanni fa in modo di ricordare, davanti alla croce, alcuni passaggi della Scrittura. Osservando che a Gesù non fu spezzato alcun osso (non fu cioè legato alla croce, come era uso dei romani, ma venne inchiodato in un atto di ulteriore violenza, una gratuita cruenta tortura sul suo corpo) l’evangelista può quindi cogliere il senso più profetico delle parole “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” che legge nel profeta Zaccaria. In particolare oggi, Solennità del Sacro Cuore, è giusto riflettere sul nostro Salvatore, trafitto per noi sulla croce.

La citazione appartiene alla parte finale del libretto profetico (12,10). Gli ultimi due capitoli, il 13 e il 14, presentano la nascita di un nuovo popolo che, a seguito di un combattimento finale, sarà composto anche dai superstiti delle nazioni che avevano combattuto contro Gerusalemme. Nella visione idilliaca del futuro, Zaccaria viene colpito da un particolare con il quale conclude l’intero suo libro: “in quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (14,21). Espressione dal duplice risvolto, morale e spirituale: finalmente nella casa del Signore non esisteranno più persone dedite a mercanteggiare con le cose sante e finalmente non ci sarà più bisogno di cambiare moneta e vendere animali sacrificali perché tutto sarà santo: “anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto «Sacro al Signore»” (14,20).

Ma torniamo al capitolo 12. Esso rappresenta il punto di svolta. Un ritornello scandisce l’oracolo del Signore: “in quel giorno” (vv. 3,4,6,8,9,11). Compiuta la liberazione di Israele e la restaurazione di Gerusalemme, in quel giorno, un giorno misterioso, sconosciuto persino al Figlio, noto solo al Padre (cfr Mt 24,36) Gerusalemme e Giuda saranno talmente rafforzate dal Signore che le nazioni che si raduneranno contro di loro saranno divorate come da un fuoco: “In quel giorno il Signore farà da scudo agli abitanti di Gerusalemme e chi tra loro vacilla diverrà come Davide” (12,8).

Così, mentre il Signore si impegna a distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme (v. 9) allo stesso tempo annuncia di voler riversare sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione (v. 10). Così recita il testo completo del versetto 10:

Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito.

Questa grazia e questa consolazione si concretizzano in uno sguardo: “guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (v. 10). Tali sono le parole che Giovanni riprende nel vangelo commentando la crocifissione di Gesù. Lui che è stato sotto la croce non si è sentito giudicato o condannato, ma riempito di grazia e di consolazione. Guardare alla croce, guardar a colui che abbiamo trafitto non è stato e non sarà mai un motivo di giudizio ma un motivo di consolazione: questa è la misericordia che sgorga dalla croce. Sentiamoci consolati da un Signore che sulla croce ci ha perdonati, abbracciati, redenti, amati. Quel sovrumano dolore provato nel giudizio, nella condanna, nel supplizio, nel senso di abbandono è stato trasformato dalla misericordia del Cristo in grazia e consolazione.

Allo stesso tempo ci ricorda Zaccaria che guardando al Trafitto si sperimenterà il lutto peggiore che si possa provare, quello della morte del figlio, per giunta del primo figlio. Un evento tragico che per qualsiasi genitore rappresenta lo shock più forte. Quel giorno fu Maria a provare ciò che appare incomprensibile ad ogni persona: la condanna dell’innocente, per giunta suo figlio, il suo figlio primogenito, il suo unico figlio. Giustamente la Chiesa celebra anche la memoria del Cuore immacolato di Maria, non più nell’ottava dopo l’Assunzione ma appena dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù. Quel giorno il cuore della Madre e quello del Figlio si strinsero in un legame perpetuo attorno ad un dolore trasformato dalla misericordia in grazia e consolazione.

Lì sotto la croce, guardando al Trafitto, c’è spazio solo per il pianto. Nel vangelo sono riportate diverse occasioni di pianto. Una in particolare riguarda la donna del brano di Luca 7,36-50. Una prostituta si accovaccia ai piedi di Gesù mentre è il Signore a pranzo con un fariseo. Gli lava i piedi di lacrime, li asciuga con i capelli, li bacia, li cosparge di profumo. Va via perdonata perché ha amato.

Sapete bene che la vita liturgica della Chiesa si esprime attraverso segni, parole, gesti. Alla scuola della prostituta del vangelo di Luca la nostra liturgia penitenziale si può arricchire di nuovi significati. Per esprimere il nostro pentimento compiremo il gesto di quel bacio pieno di amore e di rispetto verso il Signore, presente e vivo nella sua parola: il vangelo aperto sull’altare ci accoglie e si lascia toccare e baciare da noi, peccatori.

Mentre baciamo il vangelo saremo aspersi da acqua profumata. Le nostre lacrime sono un profumo versato davanti al Primogenito Trafitto che lava i nostri peccati. Come nell’episodio del vangelo la prostituta cosparse di profumo i piedi di Cristo e tornò a casa con il profumo del suo perdono, così noi profumeremo il corpo del Signore con la nostra gratitudine e il nostro affetto, e riceveremo da lui un nuovo profumo, il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita (2Cor 2,15-16).

Con fede accostiamoci al sacramento del perdono per sentirci dire dal Trafitto, al quale rivolgiamo oggi il nostro sguardo, le consolanti parole: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!” (Lc 7,50).