Piede rotto a Natale

Negli ultimi anni i miei auguri di Pasqua e Natale si sono distinti per il loro carattere traumatologico-ospedaliero.

Da parte mia assicuro che farò il possibile perché questa nota ripetuta con una certa frequenza, ma alquanto inusuale, non diventi una tradizione alla quale poi, una volta abituati, amici e parenti non saprebbero più rinunciare. Gli auguri sottoforma di bollettino medico non piacciono a nessuno.

Io, comunque, vi rinuncio tanto volentieri.
Come dire: per l’avvenire auspico che gli auguri pasquali e natalizi si ammantino di quell’aura geriatrica – branca della medicina non meno rispettabile di quella ortopedica – che per certi aspetti mi appare più rassicurante e meno problematica.

Alla fine mi trovo costretto anche a dare informazioni sul mio stato di salute. Lo faccio in breve, per non annoiare: tutto sommato, a parte l’incidente occorso al piede, sto bene. Digestione ottima, attività cerebrale nella norma, polso e respiro regolari. I parametri vitali sono rispettati.

Adesso però vi dirò qualcosa che forse vi farà pensare che la botta mi abbia fatto diventare matto.

Il cibo dell’ospedale mi piace! E io sono contento di starmene a letto con il piedone gonfio e dolorante! Mi va di ridere e scherzare con tutti (un po’ meno quando sento d lore), ho conosciuto un sacco di gente simpatica e abbiamo già cominciato a scambiare i numeri di telefono. Parenti e amici si sono rivelati angeli custodi. E li sto mettendo davvero in croce: li costringo a fare chilometri, a spendere un sacco di soldi per me, a sbrigare pratiche di tutti i generi (poi alla fine qualcuno mi spiegherà perchè le amministrazioni non possono dialogare tra di loro ma un certificato di pronto soccorso debba essere richiesto e ritirato da un delegato, che si deve prendere un giorno di ferie, per essere portato all’ente che poi deve trasferirlo ad un altro ente… ma un fax? una mail? no, eh? è chiedere troppo, vero?).

E i colleghi di scuola? Mi sento in colpa io verso di loro che in questo momento per me stanno dimostrando tutto l’affetto e la comprensione possibili, mentre spesso io verso di loro sono stato distratto e disattento. Ho lasciato in sospeso tutte le mie attività e ora qualcuno dovrà anche sostituirmi. Ma si stanno dimostrando amici e professionisti di grande spessore. Sanno cosa devono fare!

Tutto questo poteva forse non diventare un motivo di riflessione? Eh no! Siamo vicini a Natale, non bisogna farsi scappare l’occasione di trovare nuove sfumature che aiutino ad approfondire il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.

Così mi son finto di immaginare il Figlio di Dio vittima di un grave incidente, quello di diventare uomo, e per il fatto stesso di iniziare a “sentire” con un corpo e un cuore umani. In quel “sentire” è iscritta la gioia e il piacere che fanno indubbiamente parte della vita, ma anche una sana dose di dolore e sofferenza, che sarebbe da ingenui voler tacere o ignorare. Nel mio vaneggiamento intorno all’Incarnazione ho pensato che dall’incidente di diventare uomo potesse anche derivare qualcosa di bello per Dio, al punto che alla fine gli fosse anche piaciuto, nonostante la sofferenza. O che proprio grazie ad essa Dio stesso abbia fatto nuove esperienze.

Il cibo terrestre a Dio sarà forse sembrato un po’ cibo di ospedale, per scoprire che alla fine, mangiato insieme ad altri pazienti, scherzando sulla sua provenienza, quel cibo aveva il sapore dell’amicizia. O magari, incarnandosi, il Figlio di Dio avrà avuto la sorpresa di incontrare uomini e donne simpatici con i quali si è intrattenuto a chiacchierare del più e del meno; o di conoscere persone che lo hanno aiutato fino alla fine e anche dopo, sostenendolo nella sua missione.

L’Incarnazione è un po’ il piede rotto di Dio. Un infortunio doloroso, ma tanto tanto tanto ricco di sorprese. Aggiungo, per amore di completezza, che dal
mio piede rotto non verrà nessun benefizio per nessuno, se non forse per me se imparo a cogliere il significato delle cose al di là di ogni apparente inspiegabilità; mentre al piede rotto di Dio, alla sua Incarnazione, se non altro dobbiamo la Redenzione dell’uomo, che non è poca cosa.

Ovviamente non desidero, non posso augurare a nessuno di rompersi un piede per passare un Natale originale dal quale attingere nuovo senso della vita. Però posso augurare a tutti voi Buon Natale del Signore nel superamento di superficialità, chiusure e individualismi. A volte un piede rotto aiuta anche a questo, ma se riusciamo con un po’ di intelligenza e di buona volontà a celebrare la festa nello stesso modo, possiamo farne anche a meno, ed è molto meglio!