La Chiesa del futuro: nel mondo, trasparente come un mare di cristallo

Articolo scritto per il Bollettino della Postulazione delle Figlie della Chiesa

Con il primo Rapporto statistico sul clero diocesano di Roma 2017 pubblicato il 1° settembre (liberamente scaricabile da internet all’indirizzo www.ugoquinzi.it/rapporto-statistico-sul-clero-romano-2017) continua la grande riflessione che sta accompagnando la Chiesa italiana, e quella romana in particolare, intorno al suo futuro.

I sacramenti, e nello specifico quello dell’ordine sacro, sono stati donati da Cristo alla sua Sposa per permetterle di prolungare nel tempo e nello spazio, di generazione in generazione, la sua opera salvifica. È stato lo stesso Signore a sollecitare la preghiera dei suoi discepoli affinché il Padrone della messe mandi operai nella sua messe, comunque si voglia interpretare l’espressione e il significato della parola “operai”.

Osservando la realtà storica stiamo prendendo gradualmente atto di due verità: 1) l’accelerazione dei cambiamenti sociali e culturali in atto; 2) la contrazione numerica delle vocazioni, disuguale nel mondo, con particolare riguardo dell’occidente. Si tratta di fenomeni che non possono non interrogare l’attuale compagine ecclesiale, a tutti i livelli, sul futuro della Chiesa, sul modello di Chiesa che siamo chiamati a preparare ed offrire alle generazioni future.

I cambiamenti sociali e culturali, legati alla globalizzazione, alla crescente mobilità umana in tutte le sue forme, alla diseguale distribuzione delle ricchezze nel mondo, all’invecchiamento della popolazione occidentale, all’imporsi di internet come standard di comunicazione sono temi non più rinviabili nel ripensare radicalmente la presenza della Chiesa nel mondo e la sua attività. Non escludo che in un prossimo futuro si arriverà a istituire figure pastorali come il Cappellano del web. Poiché tali cambiamenti interessano pure i futuri membri della Chiesa, e nello specifico i candidati all’ordine sacro, è improponibile formare i cristiani su modelli appartenenti al passato (spesso molto lontano) non ricevibili e praticamente inutili alle generazioni presenti e future.

Il grafico allegato mostra una previsione di quello che attende la Chiesa di Roma entro il 2050. Tra circa 15 anni il clero sarà così invecchiato da non avere più la forze di mantenere tutti gli impegni e le attività che svolge adesso; entro il 2050 il numero dei presbiteri diocesani di Roma si dimezzerà e difficilmente riuscirà a servire in modo adeguato le 336 Parrocchie della Diocesi, in aggiunta a tutti gli altri impegni. Si può dire che la situazione di Roma non sia molto differente da quella sperimentata in altre Diocesi. È giusto allora chiederci in che modo il Signore stia interpellando la sua Chiesa. Le vocazioni dipendono dal Signore, ma anche dalla sua Chiesa. Nella misura in cui la Chiesa identifica i contorni dei servizi necessari, il Signore invia le vocazioni.

La Chiesa del III millennio ha bisogno di una maggiore trasparenza, dell’abbandono del formalismo attraverso l’adesione alla realtà storica, della revisione radicale dei modelli formativi, e di passare da un modello “presbiterale” (centrato cioè sulla figura del sacerdote) a un modello “diaconale” e “laicale” (centrato cioè su chi serve e su chi vive la dimensione secolare): una Chiesa nel mondo.

Il prete del futuro dovrà perciò essere un ministro sacro senza secondi fini di carriere o arricchimenti, senza intenzioni subdole e meschine, senza affettazioni, trasparente persino nelle passioni umane, nelle rabbie e nelle risate, “come bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Tutto sommato si potrebbe dire: vero uomo. Il modello vincente allora sarà quello di un prete mobile, itine­rante, trasversale negli ambienti piuttosto che stabile in un edificio, animatore di comunità piut­tosto che factotum ecclesiale, dispensatore dei sacramenti piuttosto che manager del sacro.