Ignazio di Loyola, maestro di discernimento

Come mai questo tempo non sapete giudicarlo?”

(Lc 12,56)

Fede e discernimento

Corso di Esercizi Spirituali

Figlie della Chiesa

Domus Aurea

19-26 Settembre 2013

Ignazio di Loyola, maestro di discernimento

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.
Nelle tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da te.
Dal nemico maligno difendimi.
Nell’ora della mia morte chiamami
e comandami di venire a te
a lodarti con i tuoi santi
nei secoli dei secoli.
Amen!

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I due capisaldi degli Esercizi Spirituali

Dedichiamo questa prima meditazione all’ascolto dell’esperienza di un uomo santo, Ignazio di Loyola; a lui dobbiamo l’intuizione che si trova nel cuore degli ES.

Ricordo sempre in questa occasione i due capisaldi che introducono il libretto del santo. Gli ES si aprono con alcune “ANNOTAZIONI PER AVERE UNA QUALCHE COMPRENSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI CHE SEGUONO, E PER AIUTARE SIA CHI LI DEVE PROPORRE SIA CHI LI DEVE FARE”. Tra di esse leggiamo cosa Ignazio intende per ES e cioè “ogni forma di esame di coscienza, di meditazione, di contemplazione, di preghiera vocale e mentale, e di altre attività spirituali” (ES 1). Non trascurabile come annotazione, essa ci ricorda che nel tempo degli ES qualsiasi genere di attività spirituale concorre a raggiungere l’obiettivo di “preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle eliminate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell’anima”.

Sempre in quella che si potrebbe definire l’introduzione metodologica degli ES Ignazio ricorda ai predicatori di non esagerare nelle spiegazioni, lasciando lo spazio maggiore alla contemplazione, alla scoperta, al sentimento, al ragionamento, all’illuminazione dell’esercitante. Infatti, conclude Ignazio, “non è il sapere molto che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare le cose internamente” (ES 2). Con grande acutezza, derivata dalla sua esperienza personale, il santo delimita uno spazio interno – quello della coscienza – capace di sensazioni intime e profonde (emozioni), distinguendolo da uno spazio esterno – quello della razionalità e della volontà – nel quale si muovono nozioni e scelte. Distinzione utile anche per i nostri scopi, dal momento che dovremo comunque parlare di discernimento.

Il ruolo di chi predica gli ES è tale che non deve mai spingere ad operare una scelta anziché un’altra. Infatti Ignazio è ben consapevole che negli ES “si ricerca la volontà di Dio” e perciò “è più opportuno e molto meglio che sia lo stesso Creatore e Signore a comunicarsi all’anima devota, abbracciandola nel suo amore e alla sua lode, e disponendola alla via nella quale potrà meglio servirlo in futuro” (ES 15). Non solo al predicatore ma anche agli esercitanti devono risultare chiari limiti e opportunità. Nel tempo di grazia degli ES tutti noi ci auspichiamo che sia il Signore a comunicarsi (non quindi una comunicazione verbosa, di parole, ma la comunicazione di una Persona) abbracciandoci nel suo amore (una comunicazione di affetti e sentimenti, prima ancora di una comunicazione di nozioni e saperi) e disponendoci ad accogliere la sua volontà per il futuro servizio (una comunicazione di prospettive di vita, di speranza, non una comunicazione di obblighi, di impegni, di doveri).

Il secondo caposaldo lo ritroviamo nel “principio e fondamento” all’inizio della prima settimana di esercizi. Si tratta di una dichiarazione che intende porre la base di qualsiasi attività spirituale. Le attività dello spirito non vanno intese come fini a se stesse, ma quali strumenti ordinati al raggiungimento dello scopo dell’esistenza umana. Ignazio è ispirato a ri-orientare gli esercitanti verso il centro della propria esperienza. Così leggiamo al n. 23:

L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza; le altre realtà di questo mondo sono create per l’uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da questo segue che l’uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo. Perciò è necessario renderci indifferenti verso tutte le realtà create (in tutto quello che è lasciato alla scelta del nostro libero arbitrio e non gli è proibito), in modo che non desideriamo da parte nostra la salute piuttosto che la malattia, la ricchezza piuttosto che la povertà, l’onore piuttosto che il disonore, una vita lunga piuttosto che una vita breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo soltanto quello che ci può condurre meglio al fine per cui siamo creati.

Realtà create e salvezza sono strettamente correlate tra di loro. Ignazio anzi enuncia in modo limpido una verità mai troppo riflettuta nella chiesa: le realtà create possono aiutarci a raggiungere il fine per cui siamo stati creati, e allo stesso modo possono esserci di ostacolo. Se Ignazio propone l’indifferenza (santa, aggiungo io) verso ogni scelta per giungere a comprendere quale sia di vero aiuto, nondimeno chiarisce in modo definitivo che nessuna realtà è indifferente alla nostra salvezza.

Sarà indispensabile che chiunque voglia affrontare in modo serio e sereno la volontà di Dio esamini con attenzione se esiste qualche realtà creata che impedisca lo slancio amoroso verso di lui, che ci renda opaca la contemplazione di Dio: l’attaccamento a un bene materiale, la propensione e la ricerca di onori o cariche, persino un affetto verso qualche persona cara o la paura della morte.

Mentre non dobbiamo trascurare o sottovalutare qualche realtà creata servendoci della quale riusciamo meglio e con minore fatica a conseguire il bene dello spirito. In questo vorrei invitare a concentrare per un momento l’attenzione su quelli che per qualcuno di noi possono essere visti come un “male”. A volte la tentazione ci fa dimenticare che l’unico male davvero tale per l’uomo è il peccato. Ma una malattia, l’infermità, il disprezzo che altri possono riservarci, l’incomprensione, persino le nostre debolezze caratteriali e umane, oserei dire persino il peccato del quale ci siamo sinceramente pentiti e confessati: nulla di tutto questo diventa un ostacolo alla nostra crescita spirituale e alla nostra salvezza, nella misura in cui con l’aiuto di Dio cerchiamo di far derivare un bene da una contrarietà o da un male.

Il discernimento spirituale

Ignazio sa per esperienza personale quanto sia difficile la strada del discernimento. Quanto cioè possa risultare arduo comprendere se e in che misura un fatto, una scelta, un evento siano da considerare “buoni” e promettenti per la vita dello spirito o invece ne causino il ripiegamento su se stesso e l’allontanamento da Dio. Ci mettiamo per un po’ alla sua scuola e cerchiamo di apprendere da lui alcune “regole” del discernimento.

Elezione o scelta di vita

Nella seconda settimana di ES, dopo la purificazione operata nella prima, Ignazio propone l’elezione o la scelta di vita. Il riferimento nell’orizzonte ignaziano è quello della vocazione alla vita consacrata o a quella matrimoniale. Con i debiti aggiustamenti possiamo adattare i suggerimenti di Ignazio anche ad altri tipi di scelte importanti. Quel che conta qui è comprendere e sentire internamente i passi da compiere.

Prima di addentrarsi nell’elezione, per affezionarsi alla vera dottrina di Cristo” (ES 164) Ignazio suggerisce di esplorare la virtù dell’umiltà. Secondo lui esistono tre modi di umiltà, per quanto forse si potrebbe parlare di gradi, dal meno al più perfetto:

  1. Abbassarmi e umiliarmi, quanto mi è possibile, per obbedire in tutto alla legge di Dio” (ES 165); in particolare qui l’umiltà consiste nel “non decidere mai di trasgredire alcun comando divino o umano” per commettere il peccato mortale. Interessante osservare che il santo chiami in causa la “decisione” personale (“io non decida mai”); che i comandi ai quali obbedire possono essere tanto divini quanto umani; che l’umiltà ci salva dal peccato mortale.
  2. Che io mi trovi in una disposizione tale da non volere né affezionarmi ad avere ricchezza piuttosto che la povertà, a cercare l’onore piuttosto che il disonore, a desiderare una vita lunga piuttosto che una vita breve, purché sia uguale il servizio di Dio… e la salvezza della mia anima” (ES 166). Questo secondo modo (o grado) più perfetto implica il conseguimento di quella certa indifferenza della quale abbiamo già parlato. Nella valutazione di una scelta di vita l’obiettivo preminente è quello del servizio di Dio. Ne consegue anche la decisione di non commettere nemmeno il peccato veniale.
  3. Per imitare più concretamente Cristo nostro Signore ed essergli più simile, voglio e scelgo la povertà… e le umiliazioni; inoltre desidero di più essere considerato stolto e pazzo per Cristo” (ES 167); la premessa è che i primi due modi siano già stati conseguiti. In questo terzo modo più perfetto di tutti gli altri Ignazio mette l’accento sulla “concretezza” nell’imitare ed essere simile a Cristo: si tratta di volere e scegliere ciò che Cristo è stato, povero, umile, stolto, pazzo, rifiutando ricchezze, onori e considerazioni nel mondo.

Animati dall’umiltà, dice Ignazio, si può cominciare ad affrontare la scelta di vita, senza perdere di vista il fine: il servizio e la lode di Dio e la salvezza dell’anima (ES 169). A parere del santo esistono due modi “di fare una sana e buona elezione”. Egli indica due diversi percorsi perché sa che le persone hanno sensibilità diverse. Nel primo modo prevale l’aspetto razionale di chi deve scegliere. Vengono enucleati meticolosamente i passaggi logici che portano ad una scelta coerente con le premesse. Nel secondo modo l’accento è posto maggiormente sull’aspetto affettivo di chi deve operare la scelta. Sono i sentimenti di amore, di fraternità, di soddisfazione, di gioia a venir chiamati in causa per operare una scelta senza rimpianti.

Il primo modo viene esposto in sei punti. Proviamo a riassumerli con queste parole:

  1. Aver chiaro e presente l’oggetto della scelta (ES 178).
  2. Aver chiaro e presente il fine per cui sono stato creato e rimanere indifferente a tutto, in equilibrio verso l’oggetto della scelta “per seguire quello che sentirò più utile” (ES 179).
  3. Chiedere a Dio di muovere la volontà e far comprendere cosa fare; riflettere bene e fare secondo la volontà di Dio (ES 180).
  4. Ragionare su vantaggi o utilità, nonché svantaggi e pericoli sia nello scegliere che nel rifiutare (ES 181).
  5. Osservare da che parte propende la ragione dopo aver esaminato e valutato ogni punto di vista; adottare la decisione seguendo la ragione e non le sensazioni (ES 182).
  6. Pregare il Signore offrendogli la scelta fatta perché voglia accettarla e confermarla se è per suo maggiore servizio e lode (ES 183).

Il secondo modo comprende quattro regole. Ignazio aggiunge, come nota finale, di fare la propria elezione e l’offerta a Dio concludendo come nel sesto punto precedente.

  1. Sentire prima di tutto se l’amore più o meno grande per la cosa che scelgo discende da Dio ed è rivolto a lui (ES 184).
  2. Immaginare di dover consigliare una persona sulla scelta da fare; fare quindi secondo la norma suggerita a lei (ES 185).
  3. Immaginare di essere in punto di morte e di regolarmi nella mia decisione come avrei voluto aver deciso nella presente elezione (ES 186).
  4. Considerare il giorno del giudizio e osservare la norma che vorrei aver seguito allora, per averne piena soddisfazione e gioia (ES 187)

Scelta nel “segno dei tempi”

Non so quanti di noi attendessero questi ES per maturare una scelta. Non sempre si tratta di scelte di vita. Per chi ha già percorso un buon tratto di strada dopo aver accettato il dono della propria vocazione umana e cristiana la scelta può essere rappresentata dal rinnovamento delle proprie disposizioni interiori, messe a dura prova dalla quotidianità; o dall’accettare un’obbedienza, come svolta nella propria esperienza religiosa; o dal ravvivare una fede che deve sempre crescere, una speranza pronta a tutto, una carità che spinge al bene; o infine anche semplicemente dal compiere l’annuale tappa degli ES per rispettare una regola di vita.

Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Lo sfondo su cui ci muoveremo non può essere diverso. Solo in questo caso qualsiasi “scelta” avessimo portato nel cuore in questi ES potrà rivelare tutto il suo potere trasformante e liberante.

Ma gli ES periodici rivelano di essere in grado anche di sostenere chi nel cammino della fede vuole sempre meglio servire il Signore, imparando a leggere i “segni dei tempi”.

Mettendoci alla scuola di Ignazio, maestro di discernimento, cercheremo di entrare nel cuore di questo “tempo”, del tempo biblico e di quello umano, per giudicare secondo lo sguardo del Signore.