Ho conosciuto un santo

Non chiedetemi nulla di Luigi, perché poi dite che esagero.

Ma se mi chiedete qualcosa, allora sappiate che io ho conosciuto un santo. Santo vero, dico.

Era il 1987, o giù di lì. Giovane studente della Pontifica Università Gregoriana mi andavo a sedere sempre nelle ultime file delle solenni aule, lasciando i primi banchi ai più secchioni di me.

Fu lì che conobbi Luigi. Occupavamo spesso l’ultima fila insieme, oppure lui riusciva a conquistare un posto ancora più dietro. Un giorno dopo l’altro, alla fine ci presentammo, e mi spiegò – sorridendo – che era un “vecchio signore” in mezzo a tanti più giovani di lui perché da poco ordinato diacono e stava completando gli studi. “Non seguo tutti i corsi“, ci tenne a precisare, “lavoro e ho famiglia“. Non mi disse nulla del suo lavoro (mi accennò una volta vagamente qualcosa sul giornalismo) né che tipo di famiglia, tutte cose di cui venni a conoscenza più tardi. Continuammo a frequentare quei pochi corsi insieme, qualche volta mi chiese gli appunti.

Ci incontrammo di nuovo nel 1997, stavolta alla Parrocchia SS. Protomartiri, dove lui era stato ordinato e dove svolgeva il suo sevizio diaconale e dove io venni inviato come viceparroco. Fu lì che ebbi l’onore di averlo come mio diacono durante qualche celebrazione.

Il Parroco, don Carmelo Giarratana, aveva preso il posto del mai dimenticato don Tonino D’Ammando. Era una persona sicuramente particolare. Quando si parlava di lui e delle sue scelte pastorali, ricordo che Luigi stringeva gli occhi e si apriva ad un sorriso, poi esclamava: “Vabbè, che ci vuoi fare? Ora il Parroco è lui“.

Non sorprendetevi se dico che ho conosciuto un santo. Non lo era certo per le tante cose che ha fatto. Tante davvero. Con responsabilità importanti, sia in RAI, sia nella Croce Rossa Italiana. Ricordo quando mi disse con un pizzico di preoccupazione che gli avevano chiesto di ricoprire un ruolo di rilievo nella CRI e lui temeva di dover ridurre i suoi impegni ecclesiali. E lo impensieriva di dover girare in macchina blu con l’autista, una cosa che lo faceva sentire più importante di quel che il suo carattere gli avrebbe suggerito.

No, non dico che Luigi è santo nemmeno per le innumerevoli iniziative pastorali e diaconali alle quali ha partecipato. Tra di esse di sicuro la diaconia all’Idroscalo e la missione in Perù con Isabella. Non me ne vorrà Isabella se dico poco di lei, so benissimo – ne abbiamo parlato spesso in Parrocchia, dove era più facile incontrare lei che il marito – quanto ha partecipato al ministero di Luigi, quanto lo ha sostenuto, quanto ha sofferto con lui e per lui.

Non dico nemmeno che Luigi sia stato santo per quel suo carattere, riservato e comprensivo. Qualcuno avrebbe pensato che dietro i suoi modi ossequiosi, a volte al punto da risultare inopportuni, si celasse una personalità sottomessa, una deferenza che rischiava di apparire untuosa. Errore. C’era in lui, innato, il senso del rispetto dell’interlocutore, le sue pause di ascolto gli davano modo di capire l’altro, di entrare nei suoi meccanismi; e il suo modo ossequioso di rapportarsi abbatteva ogni barriera difensiva. Luigi non attaccava mai, anzi, dove e quando poteva portava pace.

Ma Luigi non era santo per tutto questo. Luigi è stato santo per il suo amore incondizionato alla Chiesa. La Chiesa era il suo ritornello. La Chiesa, da amare e da servire. Questa strana e straordinaria comunità di persone che spesso non hanno in comune nulla, se non Cristo Salvatore, Madre e matrigna, Santa e prostituta. Luigi si è fatto diacono per amore della Chiesa, ha servito per amore della Chiesa, è andato in missione per amore della Chiesa. Considerandola una sposa, che – forse – riusciva a far ingelosire un po’ anche Isabella. Il suo grande amore per la Chiesa è quello che lo ha reso santo.

Certo, direte, per amore della Chiesa non si può, non si deve considerare o venerare nessuno come santo a meno che non sia stato definito tale. Ok. Restiamo così: finché la Chiesa non dichiarerà “San Luigi Bencetti, diacono” io continuerò a chiamarlo semplicemente Luigi.

Poi, nelle mie preghiere personali, sottovoce, me la vedo io con lui.

Leave a Reply

Cliccando su "Post Comment" dichiari di aver letto e di accettare l'informativa sulla Legacy&Privacy