Etica della rete, nuove frontiere

6. Le idee di M.S.

Tra le espressioni utilizzate da M.S. nel citato impubblicabile commento ne rendo note quattro, grazie alle quali si riesce a comprendere quali siano le idee che animano qualcuno che all’apparizione di internet era più o meno adolescente, ma che sono facilmente riscontrabili nelle successive generazioni. C’è da dire, a onor del vero, che il citato commento rappresenta una reazione ad una mia risposta (quindi a sua volta reazione ad un precedente intervento di M.S.)  la quale, per quanto non così platealmente volgare, era nondimeno provocatoria e poteva-voleva-doveva attendersi una sorta di attacco diretto, che si è concretizzato come sintetizzo di seguito. 

  1.  A seguito della mia obiezione circa la forma anonima dell’intervento di M.S. la risposta è stata: “La forma anonima è normale“.
  2. Successivamente M.S. rivendica il diritto di esprimere il suo giudizio, riservando un’espressione volgare “se non sei in grado di accettare tale pensiero personale“.
  3. Insistendo sul concetto di libertà di opinione nei confronti di quanto da lui letto, M.S. aggiunge: “affermo per l’ennesima volta che si trova su internet e ti devi aspettare qualsiasi critica“.
  4. Infine M.S. conclude rifiutando l’invito da me a lui rivolto: “Il tavernello co te non lo bevo manco morto“.

Dagli stralci dell’intervento si evincono chiaramente alcuni scostamenti rispetto al classico modo di intendere la presenza su internet come appare nelle citate RFC.

Anzitutto sembra cadere in modo definitivo l’iniziale aspettativa creata da internet intorno alla comunicazione, una forma di dialogo personale dove l’anonimato non era la normalità ma l’eccezione da giustificare.

In secondo luogo il ricorso al turpiloquio e all’autoaffermazione verso uno sconosciuto manifesta da una parte la rabbiosa espressione di emozioni profonde, dall’altra il bisogno di ferire e squalificare. Non a caso M.S. adotta un’asimmetria del linguaggio, rivolgendosi a me con il “tu“, in questo caso non per stabilire amicizia o familiarità, ma per rimarcare la distanza spregiativa.

Inoltre M.S. esprime un concetto molto frequente tra i fruitori di internet, e cioè che l’occupazione dello stesso luogo virtuale dia automaticamente il diritto di esprimere qualsiasi critica e dall’altra parte il dovere di accettare qualsiasi critica. Con ciò stesso sembra affermarsi in modo irreversibile il confinamento di internet in quella terra di nessuno dove vige la legge del più forte, di colui che ne conosce i meccanismi, che li domina, che stabilisce le regole a lui più favorevoli e che pertanto si erge a giudice inappellabile.

Infine il rifiuto dell’invito ad un incontro di persona viene espresso con il ricorso ad un’espressione idiomatica tanto perentoria quanto scortese, segno evidente di un fastidio del tutto comprensibile, ma allo stesso tempo rivelatore di un modello di internet estemporaneo e claustrofobico.