Etica della rete, nuove frontiere

5. Strumenti ammissibili

Posto che esistano giusti limiti di utilizzo della rete, nondimeno si deve riconoscere che esistono strumenti il ricorso ai quali è legittimo anzi ammissibile per il raggiungimento di scopi superiori. Di fatto si tratta di un uso di internet che violerebbe in modo significativo non solo la stessa netiquette, ma anche legislazioni di diversi Stati raggiunti dalla rete. A beneficio esclusivo della memoria del lettore vale la pena segnalare che non esiste un inequivocabile e condiviso diritto internazionale che disciplini la materia “internet“, per quanto quest’ultimo sia un esempio ben tangibile dell’evanescenza del concetto tradizionale di “confine nazionale“.

Non dimentichiamo il ruolo svolto da internet nella documentazione di oppressioni, ingiustizie, violenze subite dalle popolazioni durante quella che si è chiamata, a ragione, “primavera araba“. In questi casi il bene dei popoli giustifica ampiamente il ricorso alla denuncia anche tramite l’acquisizione di documenti che potrebbero configurare una violazione della privacy di qualche soggetto coinvolto o il reato di diffusione di materiale riservato. Lo stesso scambio di informazioni attraverso i social networks ha consentito di estendere a livello planetario quelli che potevano apparire come semplici fatti interni di una determinata nazione, rendendo partecipe e interessato un crescente numero di soggetti, anche se non direttamente fruitori del servizio internet.

Così occorre ricordare i meriti che possiedono le campagne di sensibilizzazione delle autorità governative o politiche attraverso le petizioni approvate su internet, ovvero le campagne di boicottaggio contro organizzazioni denunciate per i più svariati crimini o inadempienze che comportino nocumento per la collettività o per la natura.

Resta senza dubbio aperta, e quindi irrisolta, la questione di come si possa legittimare il giudizio del “popolo del web” che conduca all’emissione di una “sentenza” di boicottaggio. A questo proposito si dovrebbe essere in grado di ottenere informazioni accurate, imparziali e “intellettualmente oneste” da parte di un ente terzo, come ad esempio un’organizzazione non governativa con ampio riconoscimento internazionale. E si dovrebbero discriminare in modo tassativo quegli input provenienti da fonti non attendibili o non verificate, operanti sul web con la protezione di un presunto anonimato, non riconoscibili e non riconosciute da nessun altro soggetto similare e con eventuali evidenti partigianerie o interessi economici.