Dei pinoli, dell’anacardo, del pesto alla genovese e di altre amenità

Tutto è iniziato da una chiacchierata con un’amica che, in tono di allarme, riportava la notizia, presa non so dove, di una presunta scarsità di pinoli per il futuro. Pinoli. Quelli che da ragazzini cercavamo nelle pinete liberi in terra o ancora prigionieri nella pigna e che a forza di sassate estraevamo dal loro guscio legnoso.

Senza pensarci due volte ho detto che mi pareva tanto una bufala, forse divulgata da chi contava di guadagnare con i prodotti tra gli ingredienti dei quali compare il pinolo. Magari sostituendolo con il meno costoso anacardo (qui la foto), ma mantenendo il prezzo del prodotto finale invariato. E ho fatto l’esempio più semplice che mi venisse in mente: il pesto genovese.

Malfidato io? Forse sì, ma se avrete la bontà di leggere fino in fondo questo post scoprirete cose che non immaginavate neppure!

Anzitutto la borsa della frutta secca

Come si fa a sapere quanto costano pinoli e anacardi all’ingrosso?

Un tempo sarebbe stata roba da professionisti del settore, oggi internet rende tutto più semplice. Basta andare sul sito ufficiale di un mercato agroalimentare e leggere le quotazioni dei listini. Ovviamente i listini del Centro Agroalimentare di Roma sono sospesi (website · mirror pdf), ma basta andare sul sito del Centro Agroalimentare di Verona e pare più semplice (qui).

Con un comodo strumento di ricerca non è difficile stabilire la quotazione di pinoli e anacardi.

I primi vengono distinti tra pinoli di produzione nazionale e pinoli di importazione cinese. I nazionali sono ovviamente più costosi, con una banda di oscillazione del prezzo all’ingrosso che varia da un prezzo minimo di 60,00 euro per chilo a un prezzo massimo di 62,00 euro per chilo.

I pinoli di importazione valgono circa la metà, con una banda di oscillazione del prezzo all’ingrosso che varia da un minimo di 32,00 euro per chilo a un massimo di 33,00 euro per chilo.

Già qui mi soffermerei sul tema e consiglierei a tutti, me compreso, di valutare con attenzione la provenienza dei prodotti, perché al consumatore finale ignaro si possono tranquillamente rifilare prodotti di importazione – validissimi, per carità – a prezzi non giustificati.

Gli anacardi, comunque di importazione, sono ovviamente più abbordabili. Sul listino veronese la loro quotazione oscilla tra i 12,00 euro al chilo di prodotto sgusciato fino ad un massimo di 15,00 euro al chilo.

Non mi dilungo sulle diverse proprietà nutritive dei due frutti che poco ci importano ora. Se proprio volete approfondire vi segnalo questo link per i pinoli (website · mirror pdf) e questo link per gli anacardi (website · mirror pdf), con una utilissima tabella per ciascun alimento.

Invece mi preme sottolineare qui che le proprietà organolettiche (ossia il gusto) dei due frutti sono abbastanza simili, rendendo piuttosto semplice sostituire i ben più costosi pinoli con i meno impegnativi anacardi.

Il disciplinare del pesto genovese

Giustamente i genovesi devono andare molto orgogliosi di un prodotto che li ha resi famosi nel mondo, il pesto. Fatto con gli ingredienti tipici del territorio ligure, il pesto conquista qualsiasi palato. Per evitare che la ricetta si disperdesse in mille fantasiosi rivoli, il Consorzio del pesto genovese ha pubblicato un disciplinare di produzione (scarica pdf) con la ricetta da considerare valida affinché si parli di pesto genovese certificato.

Il disciplinare recita che il “Pesto Genovese” è ottenuto dalla lavorazione dei seguenti ingredienti:

  • Basilico genovese DOP (non inferiore al 25%; vi risparmio il disciplinare di tutti i prodotti DOP)
  • olio extravergine di oliva nazionale
  • formaggio DOP “Parmigiano Reggiano” o “Grana padano” grattugiato
  • formaggio pecorino DOP
  • aglio (produzione nazionale)
  • pinoli (area mediterranea)
  • noci (facoltative; sono noci noci, quelle della Juglans regia, non altre noci, eh!)
  • sale marino prodotto nel territorio italiano.

Gli ingredienti devono essere lavorati nel modo più rapido possibile così da evitarne l’ossidazione; la ricetta del pesto fatto in casa, se si possiede il sacrosanto mortaio di pietra, è tutto sommato facilissima (website · mirror pdf).

Il disciplinare ammette, per motivi industriali, metodi di conservazione chimici e fisici.

Dalla rapida lettura del disciplinare è chiaro che il Consorzio ha voluto mettere pochi paletti, lasciando così alla libera interpretazione delle diverse scuole il gusto del pesto: per alcuni meglio con più basilico e meno aglio, per altri con più parmigiano e meno pinoli. Largo alla fantasia, basta che non si superi l’82% dei grassi totali, che l’acidità sia uguale o maggiore a pH 4,8, e che vi sia un’umidità relativa uguale o inferiore a 0,95.

Poi si va al supermercato e…

… e ci si trova immersi in una varietà di prodotti che reclamano di essere pesto alla genovese, in vasetti e ciotole, alcune nel banco frigo perché pretendono di essere fresche, altri nel reparto conserve perché esibiscono la loro lunga durata.

Vi faccio notare che non sto più parlando di “pesto genovese” ma di “pesto alla genovese“. Si tratta di una differenza non da poco. Il pesto genovese è quello che rispetta il disciplinare e il suo prezzo medio, al dettaglio, oscilla intorno ai 50,00 euro al chilogrammo. Il pesto alla genovese è la reinterpretazione industriale del sublime prodotto ligure. Qui si apre ovviamente un mondo.

Che cercheremo di esplorare insieme mettendo a confronto (senza l’intenzione di fare nessuna pubblicità, ma con qualche inevitabile commento) due prodotti di marchi differenti di pesto alla genovese che ho trovato in un supermercato Conad. Quindi, per definizione, ci muoviamo al di fuori del disciplinare in entrambi i casi.

Pesto alla genovese “Sapori&Dintorni”

Sapori & Dintorni è un marchio Conad che intende valorizzare “prodotti tipici regionali accuratamente selezionati per la loro particolarità nel sapore, con prevalenza di certificazioni D.O.P., D.O.C. e I.G.P. e una forte identità nella tradizione locale“.
In questa linea commerciale non può essere assente il pesto, declinato però in prospettiva industriale. Scorrendo la tabella degli ingredienti si comprende facilmente il perché. Segnalo in rosso quegli ingredienti che non fanno parte del disciplinare del pesto genovese e in arancione quegli ingredienti la cui provenienza non è sufficientemente attestata.

Basilico genovese DOP 40,6%
Olio extravergine di oliva
Grana Padano DOP (latte, caglio, conservante: lisozima (proteina dell’uovo))
Pinoli
Sale
Fiocchi di patate
Zucchero
Pecorino Romano DOP (latte di pecora, sale, caglio)
Aglio
Aroma naturale di basilico
Correttore di acidità: acido citrico
Antiossidante: acido ascorbico

Dal punto di vista del palato forse non fa differenza se l’olio extravergine di oliva sia di provenienza europea o nazionale; e se i pinoli siano stati importati dalla Cina o raccolti nella pineta di Castel Fusano; o se il sale proviene dalle miniere dell’Himalaya o dalle saline di Trapani. Di sicuro qualche incidenza sul costo finale ci sarebbe: in ogni caso il prodotto Sapori&Dintorni viene commercializzato da Conad al prezzo di 12,22 euro al chilogrammo.

Devo ammettere che all’assaggio appare del tutto gradevole. Condendo la pasta con questo pesto, si deve aggiungere un po’ di acqua di cottura ma anche un filo di olio, per arrotondare il gusto. Nel complesso però direi che è promosso.

Pesto alla genovese “Barilla”

La notissima (e da me molto stimata) azienda parmense Barilla offre svariati prodotti nella gamma “pesti“, la cui storia “nasce dalla passione per gli ingredienti e per le ricette italiane più amate: il profumo del basilico, la prelibatezza del Parmigiano Reggiano DOP, il sapore dei pomodori italiani essiccati al sole, senza aggiungere conservanti nè coloranti“. Il pesto alla genovese è uno di questi, ma posso anticiparvi fin da subito che – a dispetto delle intenzioni dichiarate – di genovese il pesto Barilla ha soprattutto il prezzo, ammesso che sia vero il luogo comune che vorrebbe i liguri di parlata zeneise piuttosto esperti di economia e finanza.

Anche in questo caso segnalo in rosso quegli ingredienti che non fanno parte del disciplinare del pesto genovese e in arancione quegli ingredienti la cui provenienza non è sufficientemente attestata.

Olio di girasole
Basilico 30%
Anacardi
Parmigiano Reggiano DOP 5% (latte)
Fibra di mais
Siero di latte in polvere
Sale
Proteine del latte
Olio extra vergine di oliva 1%
Zucchero
Estratto di basilico
Aromi naturali (latte)
Correttore di acidità: acido lattico

Con sicurezza possiamo affermare che nel pesto alla genovese Barilla l’ingrediente principale è… l’olio di girasole! Quello EVO c’è, ma in ragione di un litro per ogni ettolitro di prodotto… sfido qualsiasi palato a saperlo riconoscere! Rispetto al disciplinare, poi, mancano l’aglio (che a quanto pare non tutti gradiscono) e il Pecorino, forse sostituito dal (meno costoso) siero del latte e dalle sue proteine… Se qualcuno si aspetta che le più economiche materie prime, anacardi al posto dei pinoli compresi, incidano favorevolmente sul ribasso del prezzo finale, ha sbagliato. Il prodotto Barilla viene commercializzato dalla Conad ad un prezzo centesimalmente superiore a quello del proprio marchio – di qualità senza dubbio maggiore – e nello specifico a 12,47 euro per chilogrammo.

Cioè, per intenderci, si paga leggermente di più per mangiare olio di semi al posto di olio EVO, fibra di mais e anacardi al posto di fiocchi di patate e pinoli, poco basilico qualsiasi rispetto al tanto basilico ligure DOP. Veramente i miei più  ammirati complimenti alla Barilla e ai suoi consulenti per aver saputo condurre al successo commerciale questo loro prodotto dal valore economico indubbiamente inferiore a quello dei loro concorrenti! Non l’ho assaggiato, e me ne scuso con Barilla, è giusto che sappiate che non assaggerò mai consapevolmente pesti alla genovese che contengano olii alieni, margarine vegetali o frutta a guscio diversa dai pinoli. Non vogliatemene, produttori.

Ma allora tu, come fai?

Quando ho voglia di mangiare una pasta al pesto che si rispetti, a meno di non acquistare un prodotto che costa quanto una bistecca di chianina con frollatura di 30 giorni, risolvo in modo artigianale.

Vi presento il mio basilico, le tre piantine sul balcone che mi forniscono le foglie per sughi, insalate e (quando occorre) pesto. Sono umili, hanno bisogno di un po’ di acqua e di non essere dimenticate. Le guardo con amore ogni volta che mi affaccio alla finestra e le ringrazio di esistere.

I pinoli li raccolgo dai pini sotto casa e – come da bambino – apro il loro guscio a sassate. Sono più quelli che mangio al momento che quelli che riesco a conservare, ma si sa, per il pesto alla genovese non ne occorrono moltissimi…

Olio EVO, Parmigiano, Pecorino e un pizzico (poco e niente, sono iperteso) di salmarino si trovano – anche di ottima qualità – nei supermercati.

E, in definitiva, chi fa da sé…