Amore e desiderio nel Cantico dei Cantici

Comunità delle Famiglie
Roma, 22 novembre 2015

Amore e desiderio nel Cantico dei Cantici

1. Cantico dei Cantici: Eros divino ed eros umano

Il libro biblico
I rabbini accetteranno Ct come libro ispirato solo un secolo dopo Cristo: “Il mondo intero non vale il giorno in cui è stato dato ad Israele il Cantico dei cantici, perché tutte le Scritture sono Sante ma il Cantico dei cantici è il Santo dei Santi, cioè Santissimo” (Rabbi Aqibà)

Ct è un poema eroticon di stile orientale attribuito a Salomone (XI sec. aC) ma in realtà non anteriore al IV-V sec. aC (post esilio): l’Eros (Desiderio) di Dio si rivela grazie all’eros umano (per cui la lettura allegorico-simbolica del testo)

Titolo: ebr. שיר השירים (shìr hasshirìm); gr. Ἀσμα Ασμάτων, (Asma Asmáton); lat. Canticum canticorum. Si tratta di un superlativo -impossibile- per definire un canto che appartiene alla vita più intima della Bibbia stessa, il cantico più bello

Tre parti:
1. capp. 1-2: la nascita dell’amore
2. capp. 3-5: l’esilio dell’amore
3. capp. 6-8: il trionfo dell’amore

Qualche premessa

  • Chi sono i due giovani (sposi)? Il libro si ritiene scritto da Shelomoh (“Pacifico” Ct 1,1) e narra la storia di un pastore sconosciuto e di una donna Shûlammît (“Pacifica” Ct 7,1); forse è un gioco di parole (in ebr.), ma anche un indizio importante: solo chi pratica la Shalom (pace) conosce l’amore
  • Tra i vari problemi teologici (per cui Lutero non considerava ispirato Ct): nel libro mai si parla di Dio; l’amore squisitamente umano sembra non degno del Signore; e alla fin fine si accetta interpretandolo come cantico dell’amore tra Cristo Sposo e Chiesa Sposa. Tuttavia in realtà il Ct insegna che il Dio in cui crediamo si rivolge a noi dandoci del tu e noi possiamo fare altrettanto proprio perché siamo amanti; e che tale amore può realizzarsi nell’unica forma che noi uomini conosciamo, quella umana
  • Possibile leggere il Ct in forma psicologico-antropologica? Ricordiamoci sempre che la Bibbia (tutta) non è il pensiero che l’uomo ha su Dio, ma il pensiero che Dio ha sull’uomo. Quel che ci salva non è fantasticare su Dio ma lasciarci interpretare da lui. Il Ct ha valore di salvezza su tutto ciò che è pienamente umano, come la psiche e il matrimonio
  • “Di cosa hai bisogno per vivere?”. Risposte diverse: cibo (essere pieno); affetto (avere relazioni); emozioni (sentirmi vivo)… non date retta, “non di solo pane…”. Il Ct risponderebbe: siamo figli dell’Eros, non del Bisogno, della gratuità, non della necessità. Riformuliamo la domanda: “Cosa desideri per vivere?”: non desidero né oro né potere, dammi la Sapienza che siede con te in trono (cfr Sap 9,4)

2. Cantico dei Cantici 6

Il desiderio educato e libero
Non siete più adolescenti fidanzati; qualcuno potrebbe ancora domandarsi se ha fatto bene a sposarsi. Ho scelto il cap. 6, il primo della terza parte del Ct, perché penso che siate entrati a due piedi nella maturità dell’amore.

Nella fase adolescenziale dell’amore il desiderio è caotico, indecifrabile. Nella fase critica dell’amore il desiderio è frustrato, imprigionato. La terza fase si contraddistingue per un desiderio educato e libero.

Passo 1: “Dov’è andato il tuo diletto? Il mio diletto era sceso nel suo giardino” (6,1-2) Se ti concentri sui tuoi bisogni perdi di vista la persona che desideri e ami; la vita (il lavoro… i problemi… i figli…) sono un giardino dove occorre scendere ogni giorno, dove si possono raccogliere gigli e dove ci si può perdere… “Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me” (6,3): il desiderio educato e libero finalizza se stesso per l’altro in modo reciproco

Passo 2: “Tu sei bella, amica mia, come Tirza, leggiadra come Gerusalem-me” (6,4) I termini di paragone sono due città: Tirza, vecchia capitale del regno del nord, e Gerusalemme, capitale del regno del sud. Ma mentre Tirza cesserà storicamente il suo ruolo, Gerusalemme lo continua ancora oggi; quasi a significare che mentre la “bellezza” può finire, il garbo, la grazia devono maturare. “Distogli da me i tuoi occhi: il loro sguardo mi turba” (6,5) Il desiderio educato e libero si nutre di bellezza e di garbo: cosa resta delle due qualità? Uno sguardo pieno di desiderio turba chi ha qualcosa da far desiderare

Passo 3: “Unica è la mia colomba la mia perfetta” (6,9) La colomba è libera di volare. Nel Ct Dio ha sorpreso i commentatori perché si è mostrato capace di amare e farsi amare senza limitare il cuore dell’uomo al suo amore esclusivo. Cantare l’unicità e la perfezione dell’amore non lo soffoca con il proprio desiderio. “Chi è costei che sorge come l’aurora?” (6,10) Qualcuno sembra ancora capace di sorprendersi (e di sorprenderci) con il suo “sorgere”. Il desiderio educato e libero “cresce insieme” per sorprendersi

Il desiderio svezzato
Il bisogno divora l’altro, come il neonato divora la madre, i figli divorano i genitori. Il desiderio può completare l’opera del bisogno strumentalizzando l’altro. Ecco perché occorre “svezzare” il desiderio attraverso la narrazione, il rispetto, la nostalgia

La narrazione. Lo sposo e la sposa si raccontano, a se stessi e agli altri, l’amore si nutre della parola e della pubblicità, il desiderio si raffina con il confronto, perdendo i connotati egoistici e crescendo nella gratuità: “Il mio desiderio mi ha posto sui carri di Ammi-nadìb” (6,12: “il principe del popolo”)

Il rispetto. Lo sposo e la sposa sono consapevoli di essere sotto lo sguardo di tutti gli altri, si sono promessi non solo amore ma anche onore; il desiderio svezzato gode di rendere beato l’altro: “L’hanno vista le giovani e l’hanno detta beata” (6,9)

La nostalgia. Non “tutto e subito”, ma nemmeno tutto e nemmeno all’infinito. Il desiderio svezzato si fa carico del “dolore del ritorno” (nostalgia) sapendo assumere virilmente la distanza del ricordo e della visione: “Nel giardino dei noci io sono sceso, per vedere il verdeggiare della valle” (6,11)