Vangelo e cultura, un incontro nel segno del servizio all’uomo

Esercizi SpiritualiFiglie della Chiesa, Domus Aurea, Ponte Galeria (RM)
Omelia del mercoledì della VI settimana di Pasqua

Letture

Stando al libro degli Atti degli Apostoli, il primo approccio della nascente fede cristiana con la cultura greca non ebbe molto successo. Con una osservazione più analitica del brano possiamo anche tentare di trovarne le ragioni. In prima battuta bisogna dire che la cultura greca contemporanea agli apostoli era molto portata alla speculazione intellettuale. Gli antichi greci, ancora privi di quell’armamentario scientifico e tecnologico che caratterizza invece tempi più vicini a noi, fondavano tutto il loro sapere sull’amore per la sapienza, sulla filosofia, dalla quale si attendevano le risposte ultime alle domande che da sempre accompagnano l’essere umano. Le ragioni dell’universo, la sua origine, il destino dell’uomo, il senso della vita: sono molte le questioni aperte da una riflessione approfondita che possiamo definire filosofica.

Al contempo gli antichi greci, come pressoché tutti i popoli antichi, mostravano i segni di una forte religiosità. Il loro Olimpo era frequentato da una pluralità di divinità, alle quali non si riconosceva tanto il compito di sostenere la realtà “spirituale” dell’uomo quanto quello di “fornire spiegazioni”, dare una ragione comprensibile del perché delle cose inspiegabili, perlopiù di carattere naturale. In tal modo, per esempio, gli uomini si convincevano del motivo della caduta di un fulmine che aveva prodotto danni o di una battaglia vinta o persa.

Dunque una cultura impregnata di amore per il sapere e capace di creare una mitologia così raffinata da riuscire persino a toccare verità importanti. Per quanto dal confronto nell’Areopago la religione cristiana non sembra aver ottenuto risultati apprezzabili ai fini dell’evangelizzazione, fu quello il momento in cui una rozza, embrionale predicazione del vangelo prese coscienza di doversi dotare di strumenti idonei a raggiungere l’0biettivo di essere accettata e compresa dagli uomini. Pensiamo per un momento a tutto quello che produrrà il pensiero di due giganti della filosofia antica, Platone e Aristotele. Non è un caso che dall’incontro con il loro pensiero anche le strutture teologiche del pensiero cristiano riceveranno le basi per penetrare maggiormente la densità degli articoli della fede.

Dietro le quinte di un discorso come quello di Paolo, animato da autentico spirito apostolico ma altrettanto ingenuo, si intravede un sincero desiderio di evangelizzazione. Paolo comprende proprio lì ad Atene che l’evangelizzazione è sì un comando del Signore (“Andate e predicate il vangelo ad ogni creatura”), un mandato sul quale fa leva lo Spirito di verità per rendere testimonianza, la comunicazione di “buone notizie”, ma al tempo stesso richiede profonda umanità, profondo senso di servizio, profonda umiltà, intellettuale e spirituale.

Paolo, nel prendere la parola all’Areòpago, si dimostra molto attento alla cultura ateniese. Per nulla disturbato dalla statua al “Dio ignoto” non dà segno di disprezzare ciò che in definitiva si può bollare, forse un po’ frettolosamente, come ennesima dimostrazione di paganesimo. Il suo discorso rivela una conoscenza perspicace e “simpatica” della cultura alla quale si stava presentando.

Dobbiamo prendere atto del comportamento dell’apostolo per lasciarci guidare dal suo esempio anche ai nostri giorni. Occorre essere onesti e ammettere che per un lungo periodo di tempo la Chiesa, la comunità dei credenti, ha dato prova di una spocchiosa autosufficienza, come se i credenti appartenessero ad un “ordine di cose” (per dirla con i Testimoni di Geova) alternativo e addirittura in antitesi a quello del mondo nel quale viviamo. La cultura degli uomini, sembra dirci Paolo con il suo atteggiamento, va rispettata, conosciuta e amata; in quanto prodotto dell’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio, ogni germe di bene che vi si trova è riconducibile al Creatore stesso. Anzi, il Concilio Vaticano II si spinge oltre; con una lettura sapienziale della storia bimillenaria della Chiesa e alla scuola della Parola di Dio arriva a dire che la Chiesa riceve “con gratitudine” un aiuto non indifferente dalle culture del mondo contemporaneo (cfr GS 44).

Rispetto alla cultura greca antica che la fede cristiana conobbe in passato, quella moderna presenta certamente differenze sostanziali. Le più macroscopiche sono due: nella cultura moderna il sapere scientifico ha preso il posto occupato dal sapere filosofico nella cultura antica; e nella cultura moderna l’atteggiamento verso Dio non è più quello di una ricerca ma quello di una tolleranza. Soffermiamoci un momento su questo secondo aspetto. Il discorso di Paolo rivela che i suoi ascoltatori erano persone sensibili all’argomento religioso. San Paolo ha mano facile nel presentare il “Dio ignoto” come Creatore, di tale elevatezza e trascendenza da non poter essere né rappresentato, né servito adeguatamente dall’uomo (non avendone alcun bisogno, a differenza degli dei antichi), né essere in qualche modo “contenuto” all’interno dell’opera umana. Quel che si può constatare è una “curiosità” degli ascoltatori, curiosità intellettuale forse, ma una spinta non meno potente di altre per avventurarsi lungo un percorso di ricerca che distingue anche la fede in Dio.

La cultura contemporanea fa provare la sensazione che quella spinta sia esaurita; come se di Dio si conoscesse tutto, anzi per essere più precisi, della pluralità di religioni si conoscesse tutto. Alla curiosità è subentrata la noia, alla ricerca è subentrata la tolleranza. Dio, la fede religiosa in genere, è “tollerata” come una presenza quasi ingombrante tra gli uomini, non utile a nessuno ma inevitabile. Sta a noi cristiani il compito di preparare l’evangelizzazione (pre-evangelizzazione) con la capacità di inoculare dentro la cultura moderna nuove curiosità rispetto alle realtà ultime, rispetto al destino dell’umanità, rispetto al senso delle scoperte scientifiche e tecnologiche, spesso destinate ad una deriva etica che le fa diventare nemiche di chi le ha prodotte, infine rispetto a Dio stesso. Nuove curiosità che spingano gli uomini ad una ricerca nella quale il messaggio cristiano possa trovare nuova accoglienza.

Tra le varie affermazioni di Paolo nel suo discorso, vorrei ci soffermassimo su quella della risurrezione. Sappiamo dall’esito del discorso che sarà esattamente l'”Anàstasi” di Gesù a causare ilarità e sconcerto tra gli ascoltatori di Paolo. Perché la risurrezione dovrebbe essere un argomento tanto tabù? Di sicuro sulla mentalità antica, per la quale la sopravvivenza dopo la morte non era presa in considerazione nemmeno come possibilità remota, la notizia di un ritorno in vita con la stessa apparenza corporea doveva esercitare un effetto analogo se a noi venisse detto da qualcuno di aver visto uno zombie. Qualcosa a metà strada tra il ridicolo e l’impressionante. Del resto può sfuggire a molti il senso, la ragione di un simile evento: tornare alla vita, e perché? Ripetere stessi gesti e identiche abitudini? Ha senso?

Sarà grazie a queste contestazioni evidenti degli ateniesi che Paolo renderà molto più articolato e convincente il suo successivo annuncio di risurrezione, consapevole che all’Areòpago aveva messo in scarsa luce la verità della divinità del Figlio di Dio, presentato semplicemente come un uomo per mezzo del quale Dio giudicherà il mondo con giustizia. Gesù è Dio stesso, che ha totalmente assunto la natura dell’uomo per divinizzarlo, il giudizio è già emesso ed è un giudizio di misericordia e di benevolenza, la risurrezione è potenza di Dio dentro l’impotenza dell’uomo, quella morte che appariva definitiva è finalmente da considerare un evento superato e superabile, perciò amore, gioia, pace, bontà, bellezza sono le parole antiche e sempre nuove che appartengono non più al desiderio nostalgico dell’umanità essendo diventate un dono spendibile fin da subito.

Di sicuro parole importanti, che potrebbero restare un guscio vuoto se non trovassero puntuale conferma nella testimonianza dei cristiani. Ecco dunque che accanto a rispetto, conoscenza, amore per la cultura degli uomini, l’intelligenza del credente animato dallo Spirito Santo sarà in grado di  operare affinchè si sviluppi sempre più la “curiosità” verso Dio e l’uomo in ricerca possa incontrarlo nei gesti sensati di una vita nuova testimoniata dai fedeli.

Il Signore voglia davvero concedere a tutti noi il dono di saper seminare a piene mani i germi di bene affinché gli uomini lo conoscano e lo amino.