Maria, causa della nostra gioia

Esercizi Spirituali – Figlie della Chiesa, Domus Aurea, Ponte Galeria (RM)
Omelia della Messa votiva della Vergine Maria

Letture

Il profeta Zaccaria vive dopo l’esilio. Come Geremia si era trovato ad annunciare la catastrofe, così Zaccaria si trova a sollecitare il popolo alla ricostruzione del paese di Giuda e della città santa. Come vi furono lacrime e lutti al tempo della deportazione, così gioia e festa saranno il clima del ritorno.

Celebriamo la messa votiva della Vergine Maria che veneriamo come “causa della nostra gioia”. Per noi vale lo stesso principio che valeva per gli ebrei della prima lettura: la gioia ha sempre un motivo, una causa.

Una gioia immotivata può essere davvero segno di una follia imminente. Ma anche la fede cristiana senza gioia è follia, e senza sconti: follia conclamata!

Una prima osservazione viene da fare proprio su questo suggerimento: nessuna vera gioia è senza causa, senza motivo. Qualche giorno fa, il 6 settembre, Papa Francesco, commentando il vangelo  di Luca 5, 33-39 nel quale si parla di Gesù come sposo, afferma che la presenza di Gesù è una festa nella quale si vive la gioia. Il cristiano, dice il Papa, si caratterizza perché ha un “atteggiamento, gioioso, gioioso di cuore”. E conclude la sua riflessione con un invito a pregare, a “chiedere la grazia di essere gioiosi”.

Nel contesto meditato dal Papa facilmente si può comprendere che la ragione della gioia alla quale possono attingere i discepoli del Signore è quella particolare predilezione della quale egli li ha investiti. Al punto da definirsi “sposo”: un rapporto intimo, fatto di complicità e quotidianità, intessuto di affetto e collaborazione. Già così si potrebbe concludere che la gioia del credente non si basa sul fantasticare dell’illuso. Ancora una volta è quel dialogo costante tra il Salvatore e il suo discepolo a costituire la densità di una relazione amorosa. Difficilmente una persona estranea, che non percepisca la grazia dei piccoli gesti e che trascorra distrattamente le sue giornate senza rendersi conto di chi ha al suo fianco, esimendosi dal prestargli il suo aiuto, difficilmente potrà sperimentare la gioia dello sposo. La causa della nostra gioia, quindi, non si ritrova banalmente in un atto intellettuale di consapevolezza, ma nella faticosa, perseverante, confidente frequentazione con una Persona, Gesù nostro Signore e Sposo.

Se essere gioiosi secondo le parole del Papa è una grazia, significa che allora non si tratta di argomento così secondario nella vita della fede. La celebrazione liturgica nella quale ricordiamo Maria come “causa della nostra gioia” potrebbe portarci ad equivocare. Si può teologicamente affermare che sia Maria, la Madre di Gesù, la “causa della nostra gioia” e non Gesù in persona?

La domanda è falsa; sarebbe come mettere in dubbio che la gioia provata da un consacrato nell’appartenere alla sua congregazione o alla sua diocesi debba essere considerata autentica perché solo indirettamente riferita a Gesù.

Qui si impone una seconda osservazione. Nessuna gioia autentica è in conflitto con la gioia. Anzi, dobbiamo riconoscere che la grazia del Signore muove alla gioia il cuore degli uomini anche in modo “nascosto”. Maria porta nel grembo Gesù, Elisabetta Giovanni. La gioia dell’incontro delle due donne è reale, per quanto i loro figli siano protetti nel loro grembo. E siano essi la causa della loro gioia. Potremmo quasi dire che i veri motivi di gioia sono sempre riservati, sereni, mai sguaiati e impositivi. L’infinita affascinante delicatezza di Dio sta nel non costringere l’uomo ad ammettere la sua presenza, ma a proporsi perché sia lui a sceglierla.

Questa riflessione apre perciò ad un ultimo aspetto: Maria è causa della nostra gioia perché ha scelto di essere “cristofora”, portatrice di Cristo. Ha scelto di rifiutare la decisione di Eva, la tentazione dell’autonomia creaturale, della rivolta che condanna alla solitudine, ed ha abbracciato, pur senza comprenderlo pienamente, un disegno redentivo più grande di lei. Un disegno nel quale ogni uomo e ogni donna potevano finalmente ritrovare la strada della gioia del perdono e dell’amicizia con Dio.

La gioia, quindi, che è Cristo, può essere davvero “portata” agli altri. Siamo chiamati a portare Cristo nel grembo del nostro essere uomini e donne; nell’incontro con i nostri fratelli non passerà inosservata quella presenza gioiosa. Anzi: la gioia può e deve essere diffusa. Non solo perché la gioia è Cristo, ma perché è gioia verificare che la sua persona ha davvero il potere di modificare la storia umana e che alcune – molte – persone hanno aderito a lui con trasporto. Sua Madre causa la nostra gioia come “cristiana” ante litteram perché è riempita della gioia, che è Cristo, e se ne prende cura e la “porta” agli altri, Elisabetta per prima.

Insieme al Papa voglio pregare per “chiedere la grazia di essere gioiosi”, noi, credenti che nulla hanno di superficiale ma che possiedono il dono, da trasmettere agli altri, di affrontare la vita gustando le piccole gioie umane e mostrando quelle della festa con lo Sposo.

Insieme a Maria voglio ringraziare Dio del dono di Gesù, la nostra vera gioia, colui che si è fatto uomo, ha vissuto da uomo, ha amato e gioito da uomo per sollevare noi dalla nostra tristezza.

Insieme a voi voglio pregare il Signore ringraziandolo per il dono della Vergine, colei che sposando Dio nel suo “sì” eterno ancora oggi resta un porto affidabile di gioia per l’umanità