Manifesto del web intelligente

Il Manifesto del web intelligente fa il paio con il Manifesto della comunicazione non ostile. Per stare in rete infatti non basta essere non ostili, bisogna essere pure intelligenti, sapere quello che si fa e quanto vale farlo.

 

 

  1. Virtuale e reale non coincidono
    Nella rete siamo scritte e immagini su uno schermo: se non sei certo di chi è l’altro utente, non dargli fiducia.
    La maggior parte delle comunicazioni sul web sono automatizzate e dall’altra parte del filo si incontrano più spesso macchine, programmi e algoritmi piuttosto che persone in carne e ossa. Anche quando siamo certi di essere entrati in dialogo con una persona in carne ed ossa non possiamo avere nessuna certezza che quanto stia affermando di se stessa, della sua identità, delle sue intenzioni sia riscontrabile nei fatti. Occorre riappropriarsi di una verità fondamentale: la rete ha la finalità di scambiare documenti digitali (scritti, immagini, video, audio…) e, come ogni strumento di origine umana, è viziato dalle finalità di chi lo usa.
  2. La comunicazione non si fa solo a parole
    La rete rende l’umano monodimensionale. In rete tu comunichi solo una parte marginale di te.
    Per esperienza sappiamo che è impossibile comunicare completamente senza il contatto visivo, uditivo, olfattivo, sensoriale, in una parola: umano. Il contatto umano, fatto di sensazioni e di segnali, di prossimità e di fisicità non potrà mai essere ricondotto ad un solo aspetto, per esempio la pur importante parola. Se la parola fosse sufficiente a comunicare e a dire quello che sono, basterebbe scrivere un curriculum vitae e qualche saggio intorno al proprio pensiero e tutto potrebbe esaurirsi così. In rete l’umano è compresso ad una sola dimensione, quella del documento digitale che si sta scambiando, come supporto di frammenti di sé, che l’utente dall’altra parte dello schermo dovrà ricostruire e lo farà tanto meglio quanto più conosce fisicamente l’altra persona.
  3. Le parole e le immagini possono tradire te e il pensiero
    Non tutto nella rete è ciò che sembra, per prudenza tieniti per te le cose più personali e segrete.
    Il mondo virtuale, nel quale la relazione fisica dell’utente con gli oggetti e degli utenti tra di loro avviene con la mediazione di uno schermo e/o una tastiera e/o un microfono, è più adatto a tradire che ad attestare. Non è stato implementato nessun algoritmo e nessun tipo di ulteriore controllo per verificare che i documenti digitali scambiati nella rete corrispondano esattamente al pensiero del mittente e siano correttamente compresi dal destinatario. Le parole e le immagini immesse in rete perdono la maggior parte della loro consistenza comunicativa, in particolare per quanto riguarda gli argomenti meno pubblici e più riservati e quelli che toccano maggiormente la sfera emotiva dell’utente. Infatti la loro persistenza nella memoria delle macchine, così come la violazione dell’intimità costituita dall’assenza di prossimità, riducono l’utente alla sua puntiforme rappresentazione nel tempo e nello spazio.
  4. Prima di parlare bisogna avere qualcosa da dire
    Chiediti sempre se c’è assoluto bisogno di parlare: nessuna parola detta ti appartiene più.
    La maggior parte degli utenti sulla rete interagisce in ambienti monotematici, spinta da interessi specifici, circondandosi di utenti con analogo orientamento. Non solo tale comportamento crea sottoreti di utenti e alimenta una sorta di incomunicabilità trasversale, ma impoverisce anche il linguaggio, l’ideazione, la creatività e la comunicazione. La maggior parte di queste sottoreti di utenti ha poco o nulla da dire, più spesso comunica emozioni istantanee, scatena reazioni isteriche (fenomeni virali) e si espone all’azione fagocitante di sottoreti di maggiore forza emotiva-numerica-ideativa. Le sottoreti di utenti più forti che digeriscono sottoreti di utenti più deboli (perché fragili emotivamente oppure di scarsa rilevanza numerica oppure aperti al confronto ma portatori di contenuti non popolari) si appropriano delle loro produzioni. È allora che le parole scritte / dette, con il loro contenuto di nulla o di tutto, collocate in un contesto nuovo, diventano nemiche di coloro che le hanno prodotte.
  5. I concetti sono un ponte
    A qualcuno mancano le idee, ma mai le parole. Non banalizziamo il linguaggio con il vuoto di idee.
    La storia dell’umanità insegna che è stata l’elaborazione di concetti a favorire la crescita delle culture e delle civiltà. Culture e civiltà vincenti si sono dimostrate quelle che hanno saputo trasferire i propri concetti alle generazioni future, mettendo a disposizione del gruppo umano di riferimento, di altri elaboratori di concetti, idee da utilizzare e perfezionare. Il ponte tra le generazioni e le culture è rappresentato dai concetti, dalle idee, perché sono quelle le cose che hanno inciso profondamente sulla vita reale e concreta delle persone. Le idee universali rappresentate dai concetti sono trasferibili attraverso il linguaggio, diventando così un fenomeno comunicativo nel quale la parola si mostra utile strumento, al pari di immagini e di altri apparati simbolici, per veicolarle tra esseri umani. La rete si può rivelare ostaggio dell’utente che non ha idee da trasmettere con le sue parole, perché l’utente invece di crescere grazie allo scambio delle idee si ritrova in mano solo parole che fanno perdere tempo.
  6. Tutti gli utenti della rete cercano di trarne benefici
    Nessuno frequenta la rete senza motivo o solo per il piacere di farlo. Tutti cercano qualcosa.
    Le motivazioni alla base della presenza degli utenti nella rete possono essere le più varie. Impossibile mettere in dubbio due concetti base: (1) tutti gli utenti sono spinti da una motivazione per entrare e restare in rete e (2) tutti gli utenti ritengono di trarre qualche beneficio dall’entrare e restare in rete. In pratica in rete si svolge un continuo import-export di merci. Entrare in rete e restare in rete ha un costo economico che deve essere giustificato. Ancora di più: offrire servizi in rete, gratuiti o a pagamento, mettere a disposizione server, macchine, programmi, videogiochi… richiede di essere retribuito in qualche modo. In molti casi il beneficio ricercato è esattamente l’utente: i suoi dati personali, i suoi click, la sua attenzione, il suo denaro, il suo corpo. La rete espone al rischio che gli utenti siano involontariamente e inconsapevolmente considerati merce di scambio, ovvero che volontariamente e consapevolmente gli utenti cedano qualcosa di sé per ottenere i benefici che desiderano. È necessario che il bilancio costi / benefici della presenza di un utente in rete sia sempre opportunamente valutato.
  7. La rete è nata per condividere
    La spazzatura prodotta dalla rete è proporzionale agli utenti che condividono: scegli chi ne produce meno.
    Fin dal principio l’obiettivo di internet e della rete di computer che gli consente di restare attivo era quello di condividere documenti digitali o digitalizzati: da scritti a immagini, più recentemente suoni e video. In un ambiente ristretto e motivato, con risorse assai limitate di tempo e di strumenti (pensiamo solo alla velocità di trasmissione sul doppino telefonico con i modem analogici degli anni ’90), si era poco inclini a compromettere la propria reputazione, il proprio lavoro e… la velocità di trasmissione condividendo spazzatura! A 30 anni di distanza, con macchine sempre più potenti e un numero sempre maggiore di utenti e di servizi, il rumore di fondo, quel brusio di documenti digitali inutili, sporchi, pericolosi è enormemente aumentato. E continuerà ad aumentare in progressione non lineare, ma logaritmica. C’è un solo modo per orientarsi tra la spazzatura in rete: smettere di frequentare chi ne produce di più, isolarlo, lasciarlo sommergere dalle sue produzioni.
  8. Le parole sono parole, le persone sono persone
    In rete complimenti e offese non costano niente. Non svendere la tua persona per una parolina o una parolaccia.
    La rete facilita la spersonalizzazione degli utenti. Tale processo vale per numerose attività umane. La produzione e lo spaccio di stupefacenti per esempio funziona bene se chi lo fa non deve pagare nulla, in termini economici ed emotivi, dei danni procurati al consumatore finale. Un chirurgo ben difficilmente farà un intervento chirurgico sulla propria madre o sul proprio figlio, sono persone che ama e alle quali tiene troppo per restare indifferente al loro dolore e ai rischi a cui lo espone la sua arte. Invece il paziente non è persona, è un paziente appunto, un anonimo ammasso di cellule e organi da curare e non richiede nessun coinvolgimento emotivo. Per motivi analoghi essere oggetto di complimenti o di offese in rete non deve far perdere di vista che essi sono rivolti all’avatar sullo schermo dell’utente e ben difficilmente alla persona che rappresenta. Esaltarsi o prendersela per così poco… occorre lasciar sfogare gli utenti sulle loro fantasie, se ci conoscessero di persona e meglio eviterebbero tante smancerie o tanti giudizi.
  9. Bannare, bloccare, isolare, silenziare
    Piuttosto che perderci tempo, preferisco eliminare gli utenti inutili.
    Chi vuol stare in rete in modo intelligente per prima cosa deve imparare ad usare i comandi di ogni applicazione che consentono di escludere gli utenti fastidiosi, inutili, che producono solo spazzatura. Qualcuno si farà scrupolo di coscienza: è più opportuno entrare in dialogo e cercare di convincere i riottosi utenti ad un comportamento urbano o interrompere brutalmente un rapporto che forse poteva portar a qualche positivo riscontro? Prima di chiedersi se sia giusto o no bloccare un utente invito a riflettere sulle parole della saggezza popolare:

    • A lavare la testa all’asino si perde il ranno e il sapone
    • Andare a scopare il mare
    • Chi vuol far l’altrui mestiere fa la zuppa nel paniere
    • Disfarsi dei rami secchi
    • Fare il lavoro di Sisifo
    • Fare la barba all’asino
    • Infiascare la nebbia
    • Non puoi raddrizzare le gambe ai cani
    • Pestare l’acqua nel mortaio
    • Portare coccodrilli in Egitto
    • Portare vasi a Samo
    • eccetera eccetera eccetera

    E se ad essere bannati siamo noi? È possibile ci sia stato qualche fraintendimento, ma siccome fa parte del gioco mai prendersela troppo: la rete è abbastanza grande per non sentirsi frustrati o sminuiti se UN utente ci ha bloccati!

  10. Mi si nota più se ci sono o se non ci sono?
    Butta il cellulare, esci, passeggia, alleva animali, incontra gente: tu starai meglio e la gente ti noterà ugualmente.
    Parecchia gente che sta appiccicata ad internet e non riesce a fare a meno di frequentare la rete non ha bisogno di sentirsi dire che dovrebbe staccare: lo sa ma non lo fa. Le parole ostili nascono anche per questo, da certe sottili dipendenze che non si ha il coraggio di ammettere, da quelle debolezze che non si vuole riconoscere. Per alcuni la rete è la forma prevalente di socializzazione, dove sentirsi dire paroline che altrove non sentono o dove potersi sfogare e far ascoltare pensiero e lamentazioni che altrove non ascoltano. Se la rete deve farvi venire il mal di fegato, mollate tutto, non c’è nulla per cui valga la pena rovinarsi la vita. Datemi retta: spegnete il cellulare, affittate una bicicletta e fatevi una bella pedalata in centro… o una passeggiata a cavallo… o al luna park… Se avete bisogno di farvi notare potete anche fare un corso per clown e andare in un ospedale pediatrico a divertire i bambini. E usate la rete se e quando vi serve, tanto di poca rete non è mai morto nessuno.