Io e solo io sono un prete strano

Stamane sono andato a trovare un confratello che svolge lo stesso genere di servizio. In un nosocomio molto vicino.

Era nel suo ufficio, appena dietro la bella cappella dove dice messa (nella struttura dove svolgo servizio non ho né ufficio né cappella).

Stava inviando un sms. Mi ha fatto cenno di entrare. Mi sono avvicinato e mi sono presentato: “Sono don Ugo Quinzi, cappellano della casa di cura tal de’ tali”.

Ha alzato gli occhi: “Che hai detto? Chi sei?”. Io cerco sempre di non urlare. Colpa mia se gli altri non capiscono tutte le volte. Ho ripetuto scandendo con accuratezza ogni parola a voce leggermente più alta.

“Ah, bene!” ha esclamato mentre finiva di inviare il suo sms. Continuava a sincerarsi che l’invio fosse riuscito con successo mentre io in piedi protendevo la mia mano per stringerla. Dopo un po’ se ne è accorto e finalmente mi ha dato la sua, restando seduto. Ho atteso invano che mi dicesse il suo nome. Ancora adesso mi domando come si chiami.

Dietro di lui la fotografia di un papa e davanti al papa inginocchiato un chierico. Sembra lui più giovane. Ho pensato che fosse lui nel giorno della sua ordinazione sacerdotale. Sulle pareti riproduzione di icone, sapete, quelle in quadricromia, uguali ovunque. Sul termosifone un’altra riproduzione. So di essermi chiesto quanto sarebbe durata con quel calore. Da una lato sulla parete una vetrinetta con calici e oggetti sacri in esposizione.

Penso alla struttura dove svolgo servizio: un mezzo armadietto con appena un calice e qualche povera altra cosa dentro uno sgabuzzino senza finestra. E niente icone. Nemmeno riproduzioni.

Abbiamo cominciato a parlare. Evidentemente dopo un po’ si è accorto che stavo ancora in piedi e mi ha invitato a sedermi.

“Ah sei lì” mi ha detto. “Ho detto messa anche io lì qualche volta, quando me lo ha chiesto il parroco, quello della parrocchia…”

Incespicava sul nome. Gliel’ho ricordato. “Sì proprio lui”. Gli avrei anche detto di ricordarsi di togliere gli avvisi dalla bacheca, risalgono almeno a un mese prima, riguardano le celebrazioni di quella parrocchia. Ma li ho notati solo quando sono uscito. Del resto mi ha raccontato che fino a poco prima era occupato con i volontari, ne ha decine (io sto cercando di coinvolgerne appena qualcuno adesso) quindi che era sempre tanto occupato, che finalmente ora la presenza del cappellano viene apprezzata mentre prima niente, che non hanno un alloggio ma hanno tre diaconi, che la notte non possono dare la loro reperibilità, ma stanno iniziando alcune attività di formazione per i volontari, ma sono solo in due, hanno le messe e i funerali e devono dividersi, però ora sono riusciti a fare corpo, tutti insieme…

“Io sono da solo” ho esclamato durante la pausa respiratoria necessaria perché riprendesse fiato “e qualche volta potrei aver bisogno per la messa”.

“Per fortuna hai una struttura piccola” mi risponde lui “puoi organizzarti con l’orario. Magari la dici la sera, avverti due giorni prima”.

Questo lo faccio già, grazie, gli ho detto. Ma io pensavo ad una mia assenza, a qualche giorno di vacanza. Questo non ho avuto il coraggio di dirglielo.

E allora ha ricominciato a parlare, parlare, parlare, parlare: ho fatto fare la croce fuori alta 4 metri, la direzione sanitaria prima non voleva poi ha ceduto, e la statua della Madonna davanti alla quale qualcuno si ferma anche a pregare, e c’è anche il cappellano degli studenti, ma non viene e tocca a noi, e io sono stato parroco due volte e sono stato anche in Francia itinerante, e poi ora se andiamo al bar vedi che ci fermano venti volte, tutti amici…

Ho fatto qualche timido tentativo di inserirmi in quel flusso inarrestabile di parole, qualche domanda. Poi mi sono arreso. E comunque al bar non mi ha invitato, nemmeno un bicchiere di acqua lì nel suo ufficetto.

“Se vuoi ti lascio il mio cellulare” gli ho detto. “Sì grazie, così magari se abbiamo qualche ritiro puoi venire tu, la messa è alle 9:30, poi questo apparecchio si chiama dec (mi mostra una specie di cellulare), se ti chiamano vedi il numero e vai nel reparto, cercano l’unzione (e fa il segno di croce con il dito), poi in questo foglio devi scrivere per i funerali se ti chiedono, poi…” e avanti così con le istruzioni per altri 10 minuti.

Già. Siamo alle istruzioni, ho pensato. Sì forse questo prete ha proprio bisogno di un periodo di riposo. Vabbè.

Gli ho lasciato il cellulare. Lui, ovviamente, non mi ha dato il suo. E io mi sono guardato bene dal chiederglielo.

Mi sono alzato, lui continuava a parlare, io non seguivo più da un pezzo. Da un bel pezzo. Finalmente si è alzato anche lui, ha fatto due passi con me fino alla cappella, sempre parlando, non so esattamente di cosa, non ricordo, ho rimosso.

Gli ho stretto la mano. Nessun tentativo nemmeno di accennare un abbraccio fraterno.

Via così. Ho salutato Nostro Signore nella cappella e sono andato via.

No, lì non tornerò, non ce n’è nessun bisogno. Preferisco così, i miei pazienti, faccio da solo nella mia amata casa di cura.

Io e solo io sono un prete strano.

Uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.

Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;

e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.

A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”.

Gesù allora gli disse: “Simone, ho una cosa da dirti”. Ed egli: “Maestro, dì pure”.

“Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta.

Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?”.

Simone rispose: “Suppongo quello a cui ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato bene”.

E volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.

Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.

Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.

Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco”.

Poi disse a lei: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”.

Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: “Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?”.

Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha salvata; và in pace!” (Lc 7, 36-50)