“E se i giusti fossero solo dieci?” Omosessualità e dintorni

2. Giustizia biblica

La cruda immagine relativa ai “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio” affonda le sue radici nella memoria biblica. In relazione agli atti omosessuali essa attinse ampiamente ad un episodio ricordato dal libro della Genesi.

Sodoma e Gomorra: ingiustizia e prevaricazione

Si tratta della distruzione di Sodoma e Gomorra, due città condannate a scomparire, rimproverate dal Signore per il male ivi commesso (cfr Gen 18,2019,29). Fiumi di inchiostro sono stati versati per commentare l’episodio, a volte per suscitare “il terrore dell’ira di Dio” altre volte cercando di minare il valore delle Scritture in modo tanto fantasioso considerandole una storiella inverosimile.

Quale però fosse la natura del male rimproverato da Dio è possibile definirla meglio ricorrendo alle successive interpretazioni fornite dalla stessa Scrittura. Secondo il profeta Ezechiele (16,49-50) i peccati commessi da Sodoma sono stati

  • ingordigia
  • ozio indolente
  • rifiuto di aiutare il povero e l’indigente

Il libro della Sapienza (19,13-14a), senza nominare esplicitamente la città, lascia chiaramente intendere che il suo grave peccato fu “l’odio tanto profondo verso lo straniero”, spinto fino a negare l’ospitalità.

Dunque nell’Antico Testamento l’interpretazione del peccato degli abitanti di Sodoma e Gomorra non riguarda la sfera sessuale, bensì quella delle relazioni sociali e della prevaricazione dello straniero.

Paolo: influenze e distanze della cultura greca

La percezione del peccato commesso nelle antiche città cambia decisamente col Nuovo Testamento; di Sodoma e Gomorra parla la lettera di Giuda (v. 7) in termini di condanna esplicita dell’impudicizia e dei “vizi contro natura” (al plurale).

Il linguaggio della lettera di Giuda riecheggia in modo chiaro quello utilizzato da Paolo nella lettera ai Romani (1,20-32). L’apostolo è mosso dall’esplicita intenzione di rimproverare quanti non credono in Dio per via della loro superbia. Gli atti omosessuali, dalle parole di Paolo, appaiono non tanto un peccato in sé quanto la “punizione” dell’idolatria di chi ha abbandonato il Creatore con la sua gloria barattandolo con la creatura.

Non possiamo dimenticare le influenze della cultura greca su Paolo. Nell’antica Grecia, pur con molte limitazioni, l’omosessualità era tollerata; tuttavia la figura del partner passivo era prevalentemente considerata sconveniente e oggetto di disprezzo e derisione, a volte anche feroce, in particolare quando la persona era effeminata, “molle” (μαλακός [pron.: malakòs]).

Ne è testimonianza il testo drammatico della Prima lettera ai Corinzi (6,9-10) dove Paolo afferma che diverse categorie di peccatori “non erediteranno il regno di Dio”. Tra di essi gli “effeminati” (μαλακοὶ [pron: malakòi]), presumibilmente i partners passivi, e gli ἀρσενοκοῖται [pron.: arsenokòitai], termine problematico che per la traduzione italiana suona impropriamente come “sodomiti” mentre si tratta sicuramente di un neologismo paolino, dietro il quale si trova un elaborato dibattito critico esegetico (segui link o scarica pdf); alcuni ritengono che il termine sia riferito all’omosessualità tout court, quindi anche ai partners attivi.

Paolo sembra così prendere le distanze dalla cultura greca, che guardava con una simpatia un po’ ipocrita al partner attivo mentre metteva alla gogna quello passivo, inserendoli nello stesso elenco di peccatori; tra i quali, non è mai abbastanza ricordarlo, figurano anche – e solo come esempio – gli adulteri, gli avari e gli ingiusti.

La giustizia di Dio è più tollerante di quella degli uomini

Nel medioevo il passaggio da “omosessuale” a “sodomita” è stato facilissimo, complice il timore che la “vendetta di Dio” si potesse abbattere sui peccatori come sui giusti. E qui ci rendiamo conto di quanto distanti siamo arrivati dallo spirito iniziale del testo della Genesi, dove la preoccupazione dell’autore non era tanto quella di mostrare la potenza distruttiva di un Dio adirato, ma al contrario il suo stile amicale e la tolleranza benevola verso gli uomini.

Nel dialogo con Abramo, infatti, Dio si mostra disposto a rinunciare al suo tremendo disegno se tra tutti gli abitanti di quelle città avesse incontrato anche solo “dieci giusti” (Gen 18,32). La giustizia biblica di Dio si mostra molto più tollerante di quella degli uomini, che per la colpa di uno solo o di una minoranza, sono stati disposti a scatenare guerre, a distruggere città, a uccidere innocenti, vittime “collaterali” dei bersagli di bombe intelligenti.

Gli atti omosessuali sono peccato, ma la Chiesa crede nel perdono dei peccati

La verità che emerge dalla lettura attenta dei testi biblici ci dà alcune conferme.

Anzitutto gli atti omosessuali non godono nella Bibbia della stessa simpatia che si riscontrava al di fuori del contesto giudaico-cristiano. Non tanto per la tradizione risalente all’episodio di Sodoma e Gomorra, alle quali città venivano rimproverati altri peccati. Piuttosto quanto perché il codice di santità della Prima Alleanza li respingeva come abominio, ma – si deve precisare – non da soli: nel medesimo testo del Levitico capitolo 18 vengono riprovati l’incesto, l’animalismo, l’adulterio e i sacrifici umani. L’autore del testo esplicita che tali comportamenti sono quelli tipici dei pagani (Egitto, Canaan), mentre gli Israeliti devono distinguersi mettendo in pratica le norme della Legge in quanto “Io sono il Signore, vostro Dio” (v. 4). Nella Seconda Alleanza, invece, gli atti omosessuali sono rimproverati perché considerati una sorta di “punizione” per chi aveva abbandonato Dio, peccato – questo sì – considerato davvero grave.

In secondo luogo gli atti omosessuali sono considerati dalla Scrittura alla stregua di tutti gli altri peccati; si sorprende l’uomo contemporaneo nel leggere con quanta serietà Paolo considerasse gravi peccati l’ubriachezza o la maldicenza, ponendoli a fianco di peccati sessuali come l’adulterio o l’omosessualità. Si sorprenderebbe meno se considerasse che la preoccupazione di Paolo non è di condannare all’inferno, ma di spingere a rendere gloria a Dio nella santità addirittura del proprio corpo (cfr 1Cor 6,29). Paolo si comporta come un docente quando valuta la prova di un alunno più severamente di quello che meriterebbe per spronarlo a fare di più e meglio nella prova successiva.

Infine occorre ricordare che la Chiesa crede “nella remissione dei peccati“, non “nel peccato. La missione della Chiesa, come quella di Abramo, è di intercedere per i peccatori: “E se in questa città si trovassero anche solo dieci giusti?”. La missione della Chiesa è di vivere con santità anche in mezzo ad avversità e tribolazioni. Perché tutti siano salvati; non importa quando, non importa come. Ma non ha senso chiudere porte o rinfacciare peccati. A chiunque. Non esistono peccati imperdonabili e, senza entrare nel dettaglio del peccato contro lo Spirito, appare grave l’atteggiamento di chi provoca nel suo fratello sensi di colpa facendolo disperare del perdono e della salvezza.

Riassunto
Nella Bibbia l’episodio di Sodoma e Gomorra non appare legato al male degli atti omosessuali. Si fa chiaro, nel Nuovo Testamento, un giudizio negativo sugli atti omosessuali considerati una “punizione” per chi rifiuta con superbia di credere in Dio. L’omosessualità appare nelle liste di Paolo accanto a peccati di tutt’altro genere: ubriachezza, maldicenza, avarizia, eccetera. Tutto ciò non elimina né sminuisce il compito della Chiesa, che non è quello di condannare ma di interecedere per i peccatori. Come Abramo, il quale avrebbe salvato Sodoma e Gomorra se Dio vi avesse trovato anche solo dieci giusti, la Chiesa sa che non esiste un peccato imperdonabile e che Dio non desidera la distruzione dell’uomo, ma la sua salvezza.