Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. Introduzione

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Introduzione

Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.

Papa Francesco, Misericordiae Vultus, 2

Apriamo i nostri ES con le parole di Papa Francesco che ci faranno da guida. Rappresentano l’intero numero 2 della bolla di indizione. Quasi fosse sintesi di tutto quello che il Santo Padre vuole esprimere anche in modo programmatico per il Giubileo.

Vi sollecito a raccogliere le suggestioni di questo passaggio. Le approfondiremo con i nostri ES.

Misericordia e contemplazione.

Misericordia e gioia.

Misericordia e serenità.

Misericordia e pace.

Misericordia e salvezza.

Misericordia e mistero della SS. Trinità.

Misericordia e incontro con Dio.

Misericordia e legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona.

Misericordia e via che unisce a Dio.

Misericordia e speranza.

Misericordia e amore.

Si affollano tanti pensieri in questo momento, ma vorrei che ci concentrassimo su due in particolare.

Il primo è che parlare di misericordia ci espone al rischio del pietismo e noi dobbiamo essere attenti a non cadervi. Il pietismo storicamente fu un modo di vivere la fede all’interno del mondo protestante. Rivalutava misticismo, interiorità, ascesi. Ma soprattutto considerava la giustificazione, il perdono dei peccati, come una conversione totale del credente, e non soltanto un miglioramento, una correzione. Il pietismo finisce per diventare una forma di neomoralismo dove non c’è più spazio per l’uomo concreto, ma per quelle persone che più o meno tutti finiamo per idealizzare. La misericordia ci riporta con i piedi per terra, non ci permette voli di fantasia: tutti noi siamo persone che sbagliamo, e torniamo a sbagliare; che amiamo e torniamo ad amare; che soffriamo e torniamo a soffrire; che gioiamo e torniamo a gioire. Bando al pietismo quindi e ad ogni moralismo.

Il secondo pensiero riguarda lo stile del nostro percorso. Già conoscete l’importanza del silenzio e del confronto con la Parola di Dio che caratterizza i nostri ES. Con il silenzio rientriamo in noi stessi, ci poniamo in condizione di ascolto, prestiamo attenzione, ci liberiamo delle distrazioni che non ci consentono di raggiungere l’essenziale. E raggiungere l’essenziale significa raggiungere il cuore della libertà. Ecco, il silenzio ci rende liberi interiormente. Un grande attore comico del passato, Charlie Chaplin, diceva a proposito del silenzio: “Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca”.

Ma il nostro silenzio non sarà un silenzio finalizzato alla dissoluzione del nostro io. Noi ci attendiamo che nel silenzio possa trovare agevolmente posto il suono della Parola di Dio che ha creato e redento. Leggeremo la Scrittura, pregheremo, celebreremo e ci confronteremo con la vita di altri. Faremo quello che suggeriva il Signore Gesù: leggere i segni dei tempi (Mt 16,3). Ecco, il Signore ci faccia il dono di essere vigilanti, di avere occhi per vedere e orecchi per ascoltare perché non ci sfugga nulla di quanto egli vuole dire al nostro cuore.

In queste sere, a partire da oggi, vi suggerisco di andare a dormire ripetendo le parole che Eli suggerisce a Samuele: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,9). Facciamo che questi giorni non trascorrano senza aver sentito, nel silenzio della notte, le parole dello Sposo che ci svegliano dal sonno. E continuiamo a ripetere a lui, che ci chiama per nome (Ugo, Maria, Chiara…): “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.